Edvine Bortolomiol 

Alla luce dei recenti eventi internazionali le tradizionali relazioni politico-diplomatiche con i paesi Medio Orientali stanno ormai cambiando e assumendo sempre più importanza nelle agende politiche degli stati. L’Unione Europea, come organismo politico e non solo, già da tempo ha rivolto il suo sguardo verso il Medio Oriente, trovando come possibile partner privilegiato un’altra Organizzazione Regionale: il Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG, i cui membri sono: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi, Kuwait, Oman, Qatar). Storicamente il coinvolgimento dell’Europa nell’area del Golfo era legata alla presenza di protettorati britannici o francesi. Non sarebbe sbagliato affermare che fino alla crisi petrolifera del 1973, con la quale l’Europa ha mostrato tutta la sua vulnerabilità e dipendenza dal petrolio e dalle vicissitudini che interessavano la regione, la storia di quest’area geopolitica era per lo più ignorata o semplicemente non considerata. Forse è proprio a causa di questo disinteresse di fondo che l’Europa non ha mai manifestato la sua volontà di adottare una politica e delle relazioni indipendenti, tanto che l’Unione ha fino ad oggi adottato una politica estera di basso profilo, concentrandosi principalmente su questioni economiche e commerciali.

Inizialmente i negoziati presero avvio in modo bilaterale, mentre è più recente la presa di posizione di una politica comune, sia nell’ambito politico che economico, da parte dell’Unione Europea. Ad ogni modo, i paesi del Golfo erano già inseriti all’interno di un progetto di dialogo Euro-Arabo promosso fin dal 1974 (appunto dopo la grave crisi petrolifera degli anni ‘70). Iniziativa che però si concluse con un niente di fatto oltre dieci anni dopo, nel 1989. L’interesse europeo nei confronti dell’area del Golfo era principalmente legato al loro grande ruolo nella gestione delle risorse petrolifere, avendo la possibilità di porre le economie occidentali sotto una sorta di “embargo sul petrolio”. Fu solo in seguito che si concretizzò un orientamento favorevole nei confronti del Consiglio di Cooperazione del Golfo, come risposta ad un rinnovato interesse dell’Unione verso il Mediterraneo, il Medio Oriente e lo stesso Golfo, tanto che nel 1988 la Comunità Economica Europea (CEE) e il CCG ratificarono degli accordi di cooperazione, considerati come il primo passo per la creazione di un’area di libero scambio tra le due regioni (Free Trade Agreement – FTA).

Venne anche deciso che i rispettivi rappresentanti avrebbero dovuto incontrarsi una volta all’anno in occasione di un Consiglio Congiunto dei Ministri degli Esteri. Da parte loro, i paesi del Golfo erano interessati ad avere accesso al mercato europeo, in particolar modo al settore della petrolchimica, e per le concessioni di mercato (simili a quelle concesse ad Israele). L’Europa, dall’altra parte, era interessata a creare stabilità e sicurezza nell’area medio orientale così da poter assicurare continuità alle esportazioni di petrolio e gas naturale. Purtroppo l’accordo non era ai primi posti dell’agenda europea, impegnata ai tempi nella creazione di un’unione monetaria interna e di una stabile politica comune, tanto da non ricevere l’attenzione necessaria per poter creare delle relazioni stabili e concrete. In particolare, determinante fu la decisione europea di continuare a promuovere relazioni interregionali di stampo prettamente bilaterale, fatto che non fece altro che rallentare e allontanare una prospettiva di dialogo concreto tra i due organismi. Nel 1995, con gli accordi di Barcellona, la Commissione sottolineò la necessità di rafforzare i rapporti tra UE e CCG così da poter assicurare “un regolare dialogo politico”.

Una delle iniziative fu quella di promuovere una “cooperazione decentrata” finalizzata a migliorare la condizione di vita, politica e sociale della società, intervenendo quindi su 3 ambiti principali quali: business, sistema mediatico e di informazione e educazione, grazie ed attraverso finanziamenti congiunti. L’educazione fu l’unico ambito in cui vennero create iniziative concrete e progetti interessanti, come ad esempio la cooperazione tra le Università; ma per il resto il programma venne ben presto abbandonato. Con l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, si andarono a rivitalizzare i buoni propositi da parte europea verso la regione del Golfo, tanto che si registrarono timidi tentativi di introdurre e favorire politiche locali di riforme dinamiche rivolte alla modernizzazione e alla democraticizzazione degli stati. Nel 2002 venne lanciata l’apertura di una commissione di lavoro a Riyadh (i lavori iniziarono solamente nel 2004). In occasione del Consiglio Congiunto di UE e CCG le parti convennero sulla necessità di ridefinire i campi d’azione e di intervento limitandoli a poche aree d’interesse, così da essere effettivamente in grado di risolvere le possibili difficoltà e problematiche che potevano sorgere dalla collaborazione. Le aree di maggior interesse erano quella del FTA, del commercio e dell’energia; successivamente vennero aggiunte alcune clausole su diritti umani e immigrazione.

Nel dicembre 2003, la Commissione e l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune ribadirono l’importanza e la necessità di concretizzare il dialogo UE-CCG e le politiche Euro-Mediterranee. Nel 2004 seguì l’adozione dello “Strategic Partnership with the Mediterranean and the Middle East”, che incorporava la regione del Golfo all’interno di una struttura politica finalizzata alla cooperazione tra Medio Oriente e Mediterraneo, proprio per promuovere e rilanciare i rapporti Golfo – Unione Europea. In questo suo nuovo slancio l’Unione aveva dichiarato di essere intenzionata ad investire maggiormente nell’area. Purtroppo la mancanza di una visione comune tra i paesi europei sugli obiettivi che la Strategic Partnership doveva raggiungere, lasciò campo libero a paesi come Cina, India e Giappone che già da tempo avevano mostrato un crescente interesse ed attivismo nell’economia della regione - tanto che i commerci tra i membri del CCG e Asia triplicarono nel giro di pochi anni. La zona del Golfo è divenuta così una fondamentale risorsa di energia per lo sviluppo dell’economia asiatica, ed allo stesso tempo paesi come India e Cina sono progressivamente diventati la fonte di investimenti principale per l’industria petrolifera. Oggi l’Asia è la più importante meta delle esportazioni provenienti da Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi.

Di spicco è il ruolo giocato da questi paesi emergenti che non intervengono e non entrano nel merito di alcuna questione politica della regione; l’economia ed il commercio sono infatti gli unici punti d’interesse e di contatto. Come mai l’Unione Europea è stata così poco interessata a stringere dei legami forti e duraturi con i paesi del Golfo? Molti paesi europei si sono dimostrati più volte restii ad abbandonare una posizione unilaterale a favore di una comunitaria, e nel caso degli accordi con la CCG, paesi come Regno UnitoFrancia Germania, che già avevano sviluppato rapporti commerciali su base bilaterale, non erano certo intenzionati ad abbandonare i vantaggi acquisiti per politiche comunitarie incerte e tutte da definire. Altri paesi con pochi contatti nella regione, come ad esempio l’Italia, hanno percepito la mancanza di trasparenza nelle politiche dell’area come un ostacolo al progresso delle relazioni. In definitiva, la mancanza di volontà politica, di una visione critica e di separazione tra interessi e difficoltà hanno minato alla base l’intervento europeo nel Golfo. Negli ultimi due anni numerosi policy-makers hanno suggerito di riprendere il dialogo e di concretizzarlo. L’attività di mediazione dell’Arabia Saudita nel conflitto Arabo-Israeliano (come nel 2007 alla Mecca, occasione in cui si sono poste delle basi per la creazione ed il riconoscimento di uno stato palestinese) e altre questioni regionali riguardanti Libano, Iran ed Iraq, hanno spinto la Comunità Europea ad avvicinarsi proprio al governo di Riyad.

I problemi principali da dover risolvere sono però principalmente interni alla struttura comunitaria: le stesse competenze assegnate al Consiglio ed alla Commissione, la mancanza di strumenti adeguati sia a livello politico che economico ne sono solo alcuni esempi. Anche la CCG ha profonde problematiche interne dovute in gran parte alla mancanza di coesione tra i suoi membri. I paesi del Consiglio preferiscono infatti prendere accordi su base nazionale; senza contare che il Golfo rimane una regione in cui più difficilmente sono applicabili i sistemi e le politiche di cooperazione europea. L’approccio europeo non considera le differenze economiche, sociali e politiche che intercorrono tra i sei paesi del CCG, tanto da disinteressarsi completamente alle condizioni d’intervento - per ovviare all’impasse alcuni stati membri hanno proposto la creazione di un piccolo forum di discussione. Il CCG è un organismo regionale intergovernamentale che manca però di una struttura legittima e legittimata e di istituzioni sovra-nazionali; il Segretario generale non ha alcuna autorità nel condurre negoziati per conto dell’organizzazione, senza contare che la sua competenza, dove possibile, riguarda solo questioni di carattere economico. Questi elementi, oltre alla mancanza di un budget “comunitario”, di linee direttrici di politica estera comune e di una esile struttura amministrativa e burocratica, concorrono a complicare le già difficili relazioni con l’Organismo europeo.

Al di là di tutte queste difficoltà, ciò che risulta chiaro è che entrambe le parti hanno fino ad ora evitato di impegnarsi concretamente e seriamente per rafforzare le reciproche relazioni. La CCG guarda al FTA come alla volontà europea di impegnarsi ed esporsi nella regione. Questa mancanza di dialogo rende necessario puntare sull’aspetto economico e commerciale come possibile base di uno sviluppo politico. Sotto il profilo commerciale già nel 1988 la Comunità Europea e il Consiglio di Cooperazione del Golfo avevano firmato un accordo finalizzato ad ampliare la cooperazione economica e tecnologica e a contribuire al mantenimento di pace e sicurezza nella regione attraverso lo sviluppo economico dei paesi membri del CCG. L’accordo di cooperazione venne considerato come il primo passo per la creazione di un’area di libero mercato. La decisione rivelava anche un certo interesse da parte dei paesi del CCG di definire i termini di un’unione doganale senza la quale sarebbe stato difficoltoso - se non impossibile - procedere alla liberalizzazione del mercato. Alla fine degli anni ’90 il CCG propose un piano di unione doganale da realizzarsi entro il 2005; successivamente, nel 2003, si posticipò di 3 anni la data stabilita portandola al 2008. Oggi invece il termine è stato fissato al 2010 (anche se si prevede già un ulteriore ritardo causato dalle difficili relazioni tra Arabia Saudita e Qatar). I negoziati per il FTA vennero anch’essi posticipati.

Negli anni seguenti alla ratifica degli accordi CCG-UE i commerci tra le due aree aumentarono costantemente e i traffici crebbero esponenzialmente dal 34,6% del 2002 al 50,4% del 2005. Ad oggi tali valori sono aumentati sensibilmente a causa della crescente domanda di energia, nello specifico petrolio e gas. Mentre l’Unione Europea richiede alla CCG di definire il suo assetto interno in vista di una formale unione, attraverso regolamenti che ne garantiscano trasparenza e solidità (oltre agli scopi dichiarati di promozione di pace, stabilità e prosperità), i paesi del Consiglio devono far fronte a una serie di delicate questioni che implicano non solo il loro sistema politico, ma anche sociale. La maggior parte dei commerci e degli scambi tra questi paesi vengono gestiti attraverso relazioni clientelari e il sistema di distribuzione delle risorse è di tipo patronale, il che li rende non trasparenti e poco regolabili. Alcuni osservatori e studiosi dell’area hanno addirittura sostenuto che l’inflessibilità europea in materia economica ha aperto la strada ad una penetrazione asiatica del mercato medio-orientale, tanto che ormai gli interessi e le priorità dei paesi dell’area stanno rivolgendosi altrove. Se sul fronte economico il vantaggio di un libero mercato sarebbe quello di avere accesso alla domanda di beni e risorse da parte degli abitanti delle rispettive aree, sul fronte energetico sarebbe una vera e propria rivoluzione, soprattutto se si considera l’attuale andamento del prezzo del petrolio. Ad oggi, infatti, circa il 25% delle importazioni europee di greggio proviene dalla zona del Golfo.

La sempre più crescente dipendenza dall’oro nero dei paesi industrializzati spinge verso la necessità di trovare nuove risposte ed alternative alla domanda di risorse energetiche. Il dialogo sull’energia tra CCG e UE prevede una serie di progetti di cooperazione su bassa scala, anche se, negli ultimi mesi, si sono registrate maggiori iniziative, dirette però allo sviluppo degli impianti di produzione nucleare; accordi che, ancora una volta, sono caratterizzati da una tendenza nazionalista piuttosto che comunitaria. Sarebbe necessario da parte europea creare delle relazioni forti e stabili con i paesi del Golfo, non solo per questioni energetiche, ma anche e soprattutto per motivi politici e di cooperazione. Nella regione l’Europa genera grande credibilità ed influenza economica, come sono riconosciuti i suoi tentativi di riforme e regolamentazioni. C’è quindi speranza per una concreta cooperazione tecnica nello sviluppo di una funzionante unione doganale. A tal proposito la cooperazione tra la Banca Centrale Europea e il CCG potrebbe portare ad una auspicata unione monetaria tra i suoi paesi membri. L’esperienza maturata dagli organismi europei in termini legali e di regolamentazione, potrebbe essere d’aiuto nella promozione di riforme e strutture interne alla regione.

Questo però non deve essere visto come un mero tentativo di esportare l’esperienza europea in un’altra zona geopolitica, bensì come uno strumento di dialogo tra mondi e società diverse. In questo modo, l’Europa offrirebbe la sua esperienza e capacità in termini di riforme costituzionali, armonizzazione elettorale, giuridica e di sicurezza comune.

10 luglio 2008

http://ec.europa.eu/external_relations/gulf_cooperation/index_en.htm

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