Emanuela Ulivi

24 giugno 2018, il 10 di Chawwâl, il mese in cui si può prolungare per sei giorni il digiuno del Ramadan, dell’anno 1439 secondo il calendario dell’Egira in vigore in Arabia saudita. Passerà alla storia come il giorno in cui le saudite hanno cominciato a guidare l’auto, dopo l’indigesto primato di essere le uniche al mondo alle quali era vietato mettersi al volante. Per essere le autiste di se stesse hanno combattuto per decenni, ma solo col restyling del regno iniziato dal giovane principe Mohammed Ben Salman ci sono arrivate. La cancellazione del divieto di guida per le donne rientra in un disegno ambizioso che vorrebbe riportare l’Arabia ai tempi in cui, nel paese islamico per eccellenza, c’era più tolleranza. Sono stati riaperti i cinema, il divertimento si appresta a diventare un’industria. Per alcuni si tratterebbe solo di un’operazione di facciata; di fatto MBS, come viene universalmente chiamato il trentaduenne erede al trono del re Salman, ha dato il via ad alcune riforme che dovrebbero avere ricadute significative in ambito economico e sociale. Almeno questo lo scopo di Visione 2030, il vasto programma di modernizzazione che prevede sia lo sviluppo del settore finanziario di investimenti che un impulso al miglioramento della qualità della vita. L’intenzione è emancipare il regno dall’economia del petrolio, il cui prezzo è in caduta, puntando principalmente sul turismo e coinvolgendo la Giordania e l’Egitto. Questo prevedono i progetti di costruzione di una città dei divertimenti stile Disneyland a Ryad, le faraoniche stazioni balneari sul Mar Rosso e una Silicon Valley, per i quali sono necessari investimenti ingenti, mentre l’Arabia saudita è impegnata militarmente a capo della coalizione che dal 2015 combatte i ribelli houti nello Yemen. E’ perciò facile capire lo scetticismo che ha circondato la Davos del deserto, il forum coi 3.500 capi d’impresa e di governo, riuniti a ottobre scorso a Ryad per attrarre gli investimenti, davanti a questi progetti. La sola città dei divertimenti costerebbe 500 miliardi di dollari.

Intanto le donne hanno fatto il loro ingresso allo stadio e a settembre la cancellazione del divieto di condurre un’auto permetterà loro di essere più presenti sul mercato del lavoro. Per le dirette interessate è solo la prima delle conquiste da raggiungere, una strada a quanto pare tutta in salita visto che proprio le maggiori attiviste della campagna #Women2Drive per la guida alle donne e la fine della tutela maschile, sono invece in prigione. Un’ondata di arresti iniziata a maggio ha portato dietro le sbarre Lujain Hathloul, 28 anni, paladina delle campagne per le donne al volante, Eman al-Nafjan, Aziza al-Yousef, 61 anni, docente universitaria in pensione nota per la sua visione dei diritti delle donne attraverso l’Islam, Aisha al-Manea e gli attivisti Ibrahim Modeimigh e Mohammed al-Rabea. Sono imputati per aver offerto aiuti finanziari e aver avuto contatti con entità straniere e rischiano la pena capitale. Sono anche accusati di aver lavorato insieme in maniera organizzata “tale da violare i valori religiosi e nazionali”. A giugno è toccato alle attiviste Nouf Abdelaziz e Mayaa al-Zahrani e pochi giorni fa a Hatoon al-Fassi, nota docente universitaria alla King Saud University. Come altri riformisti, vogliono solo far parte del nuovo corso. Ma non solo l’uguaglianza di genere, che piazza l’Arabia saudita al 138° posto e al 42° quanto a partecipazione economica delle donne, sui 144 paesi del Forum economico mondiale, ma anche le torture e la pena di morte sono nell’agenda dei diritti umani.

Da domenica scorsa, per decreto reale, le donne sono comunque legittimamente al volante: senza accompagnatore, senza autista. Sole. Da sole potranno andare al lavoro, portare i figli a scuola, andare dal medico. I selfie e le foto diffuse sui social, anche questi non privi di insidie e veti per le saudite, le ritraggono sorridenti e emozionate. Molte la patente l’avevano già presa all’estero e per loro sono stati allestiti 22 centri per la conversione. Secondo i dati del ministero dell’Interno sono circa 125.000 le donne iscritte alle scuole guida – scuole che si stanno moltiplicando - le più senza mai aver guidato. Con o senza patente, tutte dovranno seguire 30 ore di lezione, il codice della strada sarà infatti lo stesso per chiunque circoli per strada. Da domenica hanno cominciato a operare anche le 40 ispettrici femminili addette agli incidenti stradali. C’è un forte impegno infatti per diminuire gli incidenti che negli ultimi nove mesi sono calati del 20.93%, come sono diminuiti dell’11.10% i feriti e del 18.69% i morti. Al debutto anche le tassiste di Careem, la compagnia che con Uber si divide larga parte del mercato mediorientale. Prima del reale decreto, il 70 % dei clienti di Careem erano donne, l’80% di Uber. Careem aveva cominciato da tempo a selezionare le 2000 candidate, mentre Uber metterà in campo le “capitane” in autunno.

A salutare il primo giro di chiave e la prima corsa, la polizia ha distribuito fiori alle neopilote.

28 giugno 2018

Vai all'inizio della pagina