Emanuela Ulivi
BEIRUT - Da un anno e mezzo in Libano non si riesce ad eleggere il presidente della repubblica - che come prevede il Patto nazionale del 1943, deve essere un cristiano - perché non c’è accordo sul nome né tra gli stessi cristiani né tra le varie componenti dell’arco parlamentare. Anche le elezioni legislative sono state rinviate, in attesa di una legge elettorale che è di là da venire. Tra quelli registrati e quelli non registrati dall’UNCHR, in Libano ci sono quasi due milioni di rifugiati siriani, mal sopportati dalla popolazione.
A seguire, la crisi dei rifiuti ha portato in piazza una serie di movimenti e di collettivi che da quasi due mesi manifestano chiedendo alla classe politica di trovare una soluzione non solo per la spazzatura e i servizi ma anche per sbloccare lo stallo del parlamento e del governo, bloccati dal fuoco incrociato dei vari partiti. Fuori dai palazzi, ma non dalla politica, Misbah al-Ahdab, già deputato, cofondatore ed ex presidente del Movimento del Rinnovamento Democratico, è tornato nel frattempo nella sua città, Tripoli, la capitale del Nord del Paese. Qui ha dato vita ad una nuova formazione politica, l’Incontro della Moderazione Civile e sta scaldando i motori in vista delle prossime legislative.
Partiamo dalla Siria. Con l’intervento della Russia, lei ha parlato del pericolo di una guerra mondiale. Perché?
Perché quella della Russia in Siria è una guerra santa, un’altra dopo quella di Hezbollah a fianco di Assad. Tutti i protagonisti mondiali sono presenti in questo conflitto perché ci sono gas e petrolio e c’è tanto da guadagnare. Ora si è aggiunta anche la Russia. Ma quella che è davvero a rischio è la diversità in Medio Oriente. Chiediamoci: in questo momento, il pericolo viene dai sunniti o dai fondamentalisti? Daesh è una minaccia per i sunniti; dalla Siria e dalla regione scappano gli appartenenti a tutte le religioni, non solo i cristiani ma anche i sunniti.
E sono arrivati in Libano prima che in Europa.
Dopo quattro anni Bachar el-Assad e Hezbollah non sono stati capaci di vincere. Gli altri, prima hanno creato il problema e ora vogliono ritornare ad Assad. Gli Stati Uniti e l’Occidente non accettano la creazione di una buffer zone che permetta ai siriani di scappare dai barili bomba; ci sono 11 milioni di sfollati interni che non hanno i mezzi per partire, gli altri vanno in Europa. Qousseir è occupata da Hezbollah, ma i suoi abitanti sono qui in Libano. E mentre gli sceicchi che hanno mandato i combattenti in Siria sono liberi, questi ultimi sono in prigione.
Veniamo al Libano, dove ci sono 18 confessioni: cosa sta succedendo qui? Lei ieri ha avuto un incontro pubblico con una formazione cristiana, con quali prospettive?
In Libano c’è un nuovo gruppo, si chiama Libano Messaggio, dalla definizione di papa Giovanni Paolo II che nel 1997 durante la sua visita, chiamò il Libano Paese Messaggio. Questo gruppo è nato dalla volontà di alcuni generali in pensione, delle due componenti cristiane che fanno capo ad Aoun e a Geagea. Quello che dicono è che i cristiani non vogliono essere minacciati. Per questo c’è bisogno di uno spazio in cui ciascuno si esprima. E per proteggere i diritti delle minoranze è necessario un profilo sunnita accettato. Senza un gruppo sunnita moderato ci saranno problemi anche per i cristiani.
Quindi si parla ancora di sistema confessionale.
Si, facciamo quello che abbiamo sempre fatto, con una differenza: almeno ora è chiaro. Il confessionalismo si può toccare, ma come affermava il patriarca maronita Boutros Nasrallh Sfeir, prima bisogna sradicarlo dallo spirito e poi dalla pratica. Oggi il gruppo più strutturato è quello di Hezbollah, legato all’Iran, quindi più che avere agende diverse, il problema oggi è quello di avere un’agenda libanese.
E i movimenti che ora sono in piazza a Beirut per chiedere dei diritti quali i servizi pubblici, sono un fenomeno nuovo o qualcosa di vecchio?
Sono gruppi che c’erano anche prima e ora godono di una copertura mediatica. Ma questa visibilità costa, e chi paga? Qui donne ordonne. Anche certi gruppi fondamentalisti sunniti sono stati portati alla ribalta dai media e ora non se ne parla più. Non sono contro i movimenti, ma bisogna evitare le manipolazioni.
Lei ha detto che bisogna venire incontro alle loro richieste, altrimenti ci sarà la rivoluzione
Le loro rivendicazioni sono giuste. D’accordo, i politici sono corrotti, ma chi propone una soluzione? Tocca a noi che siamo sul campo. Ed io mi propongo come una delle soluzioni.
Quindi si candiderà alle prossime elezioni.
Certo che mi candiderò.
La visione di questo movimento però va oltre il sistema confessionale, loro parlano di diritti dei cittadini.
Se ci sono dei problemi non è colpa del sistema confessionale.
Allora di quale visione politica ha bisogno il Libano oggi?
Il Libano deve essere neutralizzato, non deve più essere terreno di confronto come accade invece da 40 anni a questa parte. Bisogna cambiare perché ci sono conflitti dappertutto e bisogna fare in modo che i cristiani vivano coi sunniti moderati.
Un’ultima domanda: dopo il sequestro ad agosto 2014, ci sono ancora 25 militari libanesi nelle mani di Al Nusra e di Daech. Tutti i tentativi di mediazione, compresi quelli del Qatar, sono falliti. Perché?
Non si liberano perché non c’è un’agenda libanese.
8 ottobre 2015