Jacopo Salvadori 

"Non è un pacchetto democratico, è un pacchetto elettorale”. Così Gultan Kisanak, presidente del Partito curdo per la pace e la democrazia (Bdp), giudica i provvedimenti varati ieri dal governo Erdogan che avrebbero dovuto facilitare il processo di pace con i curdi e con il Partito curdo dei lavoratori (Pkk), iniziato lo scorso gennaio.

Le richieste del Bdp erano chiare: l'insegnamento della lingua curda nelle scuole pubbliche, una maggiore autonomia amministrativa del Kurdistan e la liberazione delle migliaia di attivisti arrestati negli ultimi anni. Ma le aspettative sono state tradite.

Il ritorno della lingua curda nelle scuole private e nelle campagne elettorali, l'utilizzo delle lettere Q, X e W nei documenti ufficiali e l'abolizione della dichiarazione di fede turca che i bambini recitano ogni giorno nelle scuole pubbliche, non sono bastati a soddisfare le richieste dei curdi, i quali hanno già fatto sapere che il pacchetto di riforme non avrà peso politico nel percorso di pace. Difficile quindi che curdi e turchi convergano su un punto comune in breve tempo.

Quello tra turchi e curdi è un conflitto che affonda le radici nel XVI secolo, quando la maggior parte del Kurdistan, la terra dei curdi, fu inglobata nell'impero ottomano. Le prime lotte per l'indipendenza iniziarono nell'Ottocento, ma vennero tutte represse. Bisogna aspettare gli anni '20 del secolo scorso per assistere ad una temporanea riappropriazione dei territori, almeno sulla carta, grazie al Trattato di Sévres del 1920 che riconosceva ai Curdi l'egemonia in un ristretto territorio. Ma il trattato fu annullato solo tre anni dopo da un altro accordo, il Trattato di Losanna, fortemente voluto dai Turchi, in cui si riconosceva a quest'ultima il controllo di una vasta parte del Kurdistan. Da allora si sono susseguite le rivolte indipendentiste, puntualmente bloccate dall'esercito di Ankara.

E’ durante la guerra tra Iran e Iraq (1980-1988) che le tensioni politico-culturali tra turchi e curdi sfociano in una vera e propria guerra civile, con il Partito Curdo dei Lavoratori (Pkk) guidato da Abdullah Ocalan, che chiedeva l'indipendenza del Kurdistan turco. I primi segni di distensione si hanno solo nel 2002 quando Ocalan, arrestato e condannato all'ergastolo nel 1999, apre al dialogo chiedendo ai curdi dal carcere di porre fine alla lotta armata. La Turchia concede la tregua e vara quindi alcune riforme in favore della minoranza curda, sia per calmare le acque che per soddisfare le pressioni dell'Unione Europea presso la quale pende la sua richiesta di ingresso. Ma dall'anno seguente iniziano di nuovo le battaglie indipendentiste, questa volta da parte di un gruppo chiamato Kongra Gel che rivendica l'eredità politica del Pkk, sciolto nel 1999, ma che nel 2004 si riattiva proprio grazie alla nuova ondata di proteste.

Oggi la strada verso un processo di pace con i curdi appare sempre più lunga e difficile e anche se il presidente Erdogan giudica “storico” questo pacchetto di riforme, per i curdi la situazione rimane essenzialmente invariata, mentre sono in molti a pensare che i provvedimenti varati dall'esecutivo siano soltanto il primo atto della lunga campagna elettorale del presidente Erdogan per essere confermato alle prossime elezioni presidenziali di giugno.

1 ottobre 2013

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