Giulia Brugnolini
Nonostante a partire dal 2009 in Palestina l'offerta di servizi medici sia aumentata grazie a maggiori donazioni e a progetti di prevenzione che hanno portato la copertura delle vaccinazioni vicino al 95%, gli indicatori della salute non hanno avuto nessun sostanziale miglioramento. A questa situazione problematica vuol fare fronte il progetto di cooperazione italo-palestinese Formazione del personale sanitario palestinese che coinvolge in qualità di soggetti promotori la Seconda Università degli studi di Napoli (SUN), l’Autorità Palestinese e la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Esteri, che lo ha approvato lo scorso dicembre e lo ha finanziato per il 70%.
La missione da circa un milione di euro, presentata venerdì scorso alla Facoltà di Medicina della SUN alla presenza del Ministro della Sanità dell’Autorità Palestinese, interessa gli ospedali di Hebron, Nablus, Jenin, Beit Jala e Gerico, in Cisgiordania. Per tre anni i dirigenti sanitari della SUN formeranno i medici ed i ricercatori palestinesi ma verranno anche fornite importanti attrezzature per la laparoscopia chirurgica e ginecologica e per l’endoscopia digestiva. Questi ultimi saranno infatti i reparti che beneficeranno maggiormente del progetto, assieme ad oftalmologia, ortopedia e otorinolaringoiatria in cui verranno installate tecnologie mini-invasive per una migliore e più precisa diagnosi.
Una buona notizia per la Cisgiordania che però lascerà invariata la condizione degli ospedali nella Striscia di Gaza diventata drammatica dal 2006 con l’imposizione del blocco di tutte le importazioni, tra cui anche medicinali e dispositivi medici. I chirurghi di Gaza riferiscono inoltre che il taglio della fornitura elettrica molto spesso ha fatto spegnere i macchinari con conseguenze disastrose per le sale di rianimazione. I dati documentano con chiarezza il divario tra Striscia di Gaza e Cisgiordania: l’incidenza di infezioni è pari a 75 su 100.000 nella Striscia di Gaza contro i 16 su 100.000 della Cisgiordania, così come i casi di febbre tifoide che nella prima sono 12 su 100.000 mentre non sono stati riscontrati casi di questo tipo nel resto della Palestina. In base al rapporto dell'UNRWA anche l'aspettativa di vita è più bassa a Gaza rispetto alla West Bank (73,4 anni per la prima contro i 74,5 della seconda), differenza che diventa abissale se confrontata con gli 80,7 anni di Israele.
28 aprile 2013