Emanuela Ulivi 

Un milione  di siriani  rischiano di rimanere senza cibo, mentre la guerra civile continua. L’allarme arriva dal Programma Alimentare Mondiale dell’ONU che ogni mese riesce ad aiutare un milione e mezzo di persone. Ma stima siano due milioni e mezzo coloro che hanno bisogno di assistenza umanitaria, intrappolati in un conflitto sempre piu’ violento che oppone l’esercito di Bashar el Assad e i ribelli e ha già fatto 60.000 morti, rendendo impossibile arrivare in tutte le regioni.

La recrudescenza delle violenze e la mancanza di sicurezza hanno spinto l’agenzia dell’ONU  a ritirare temporaneamente il personale dagli  uffici di Homs, Aleppo, Qamishli, teatro di scontri durissimi, e da Tartous, dal cui porto il PAM non ha potuto far passare gli aiuti che ora arrivano in Siria da Beirut. I suoi convogli sono stati attaccati più volte, una decina di camion sono stati confiscati e solo dopo lunghe trattative, recuperati i viveri contenuti. Episodi che hanno reso più difficile trovare autisti disposti ad addentrarsi nelle aree a rischio.

La Syrian Arab Red Crescent, partner del PAM autorizzato dal regime siriano, nonostante i suoi 10.000 volontari, uno dei quali, Khaled Khafaji,  ucciso questa estate, già a luglio aveva lanciato un appello per sostenere la sua missione in Siria. Ora, ha riferito la portavoce del PAM Elisabeth Byrs martedì scorso a Ginevra, la SARC non riesce più a far fronte alla situazione. A ottobre ha chiesto al PAM di aumentare gli aiuti per portare a due milioni e mezzo il numero delle persone assistite, ma l’agenzia dell’ONU sia per la mancanza di partner locali sia per i rischi nelle zone di guerra, non ha potuto fare di più.

Il PAM e  la SARC riescono a raggiungere 14 governatorati, comprese le città di Aleppo, Homs, Hama, pesantemente toccate dagli scontri, una parte della capitale Damasco, Dara’a, Idleb and Deir Ezzor. Certe zone però restano inaccessibili.

La situazione umanitaria in Siria peggiora di giorno in giorno. L’Ufficio di Coordinamento degli Affari Umanitari prevede che nel 2013 saranno oltre 4 milioni le persone da aiutare. Scarseggiano il cibo, l’acqua, l’elettricità, i medicinali, specie nelle zone dove si combatte. Il prezzo dei generi alimentari è raddoppiato, anche quello del pane è lievitato; manca la farina e le file davanti alle panetterie si moltiplicano. Mancano anche il gas da cucina, il carburante; molte strade sono interrotte o danneggiate. 

Oltre ai 2 milioni e mezzo di sfollati in Siria, in 600.000 si sono rifugiati in Iraq, in Giordania, in Libano e in Turchia. Per il cibo, vengono aiutati dal PAM attraverso dei buoni da spendere nei negozi alimentari. Molti vivono in tende e l’ondata di gelo che si è abbattuta sul Medioriente nei giorni scorsi ha restituito immagini come quelle del campo di Zaatari in Giordania, allagato. Stessa situazione in Libano, dove il fiume Litani è uscito dagli argini. 

Come fa capire il mediatore dell’ONU e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi, che insiste sulla necessità di una soluzione politica, la fine della guerra civile non si intravede ancora: le potenze mondiali stentano a trovare un accordo che indichi una via praticabile. I ribelli e l’esercito di Bashar el Assad continuano a combattere, contendendosi quartieri e città. Ci sono, fa sapere l’UNICEF, anche oltre 2 milioni di bambini che stanno combattendo col freddo.

10 gennaio 2013

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