Giulia Brugnolini
Mahmoud Al-Sarsakh, un calciatore di talento della nazionale palestinese, cresciuto in un campo profughi a Gaza dove ha imparato a tirare i primi calci al pallone, è il nuovo volto-simbolo degli affamati di giustizia. Da aprile è in sciopero della fame ed ha continuato a rifiutare il cibo anche dopo la sospensione dello sciopero seguito all’accordo del 14 maggio. Un mese fa, nel Giorno della Nakba, il Giorno della Catastrofe celebrato dal 1948, grazie all’accordo con le autorità israeliane ottenuto con la mediazione di Egitto e Giordania, i detenuti hanno sospeso lo sciopero della fame. Alcune loro richieste erano state accolte: potevano ricevere la visita dei parenti dalla Striscia di Gaza, veniva abolito il regime di isolamento, venivano liberati i prigionieri per detenzione amministrativa. Gli accordi però sono rimasti sulla carta: i parenti non hanno ancora potuto mettere piede nelle carceri, le detenzioni senza accusa ne’ processo non solo non sono finite ma continuano.
Mahmoud Al-Sarsakh nel 2009, mentre stava raggiungendo i compagni di squadra in Cisgiordania, fu arrestato alla frontiera fra Gaza e Israele. Da allora ogni sei mesi si è visto rinnovare l’ordine di detenzione nella prigione di Ramleh. Lo scorso 18 giugno è uscito dal carcere, dopo aver perso cinquanta chili, per essere ricoverato in un centro medico dell’Israel Prison Service, dove purtroppo pazienti in condizioni critiche come le sue non possono avere le cure specialistiche necessarie.
Sulla questione Amnesty International ha da poco pubblicato un rapporto, "Affamati di giustizia", perchè cresca la pressione internazionale su quella che è una grave violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. "Israele usa da decenni la detenzione amministrativa, che dovrebbe essere un provvedimento eccezionale - ha dichiarato Ann Harrison, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty- contro persone che rappresentano un rischio estremo e imminente per la sicurezza, per aggirare i diritti umani dei detenuti. E’ un’eredita’ della storia –del mandato britannico, n.d.r.- che dovrebbe essere consegnato al passato". "Nonostante molti resoconti di stampa abbiano fatto intendere che Israele avrebbe accettato di liberare i palestinesi in detenzione amministrativa alla fine del periodo di carcerazione in corso ‘salvo ricevere nuove, significative, informazioni’ –ha aggiunto- ci risulta che per quanto riguarda la detenzione senza accusa ne’ processo, le cose vadano avanti come sempre. Da quando e’ stato raggiunto l’accordo il 14 maggio, sono state rinnovate almeno 30 ordinanze di detenzione amministrativa e ne sono state emanate tre nuove; le visite ai prigionieri originari della Striscia di Gaza non sono ancora iniziate".
Anche il Centro Palestinese per i Diritti Umani ha condannato il rinnovo degli ordini di detenzione amministrativa che colpiscono anche personaggi di spicco della politica palestinese, come il presidente del Consiglio Legislativo Palestinese Aziz Dweik, parlamentari tra i quali Mohammed Maher Bader del blocco Cambiamento e Riforma, difensori dei diritti umani come Walid Hanatsheh.
20 Giugno 2012