Giulia Brugnolini
Il piccolo stato del Bahrain, emblematico per essere l’unico del Golfo Persico con popolazione a maggioranza sciita e governo sunnita, si trova adesso ad essere oggetto di una disputa diplomatica. Già il mese scorso, in occasione delle proteste popolari contro la dinastia regnante degli Al Khalifa, 1500 militari sauditi delle forze speciali avevano varcato il confine per entrare in Bahrain a sostegno della monarchia. Successivamente, i vertici governativi del Bahrain, durante il meeting dei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo tenutosi a Riad due settimane fa, hanno presentato insieme a quelli sauditi il piano di unione del Bahrain all’Arabia Saudita. Samira Rajab, ministro dell’Informazione del Bahrein, ha specificato che i due stati manterrebbero seggi distinti all’Onu, ma ci sarebbe un coordinamento in politica estera in materia di economia e sicurezza militare.
La proposta fa parte del più ampio progetto elaborato a dicembre dal re saudita Abdallah: dare vita ad un’unione regionale tra i sei stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo, organismo che a trentun'anni dalla sua creazione fatica a realizzare una reale integrazione economica, doganale e politica, ma che oggi diventa indispensabile rafforzare in vista delle rivendicazioni della comunità sciita in Bahrein, sostenute dal vicino Iran.
La proposta di unione ha gettato benzina sul fuoco delle proteste della comunità sciita in Bahrain, che diluendosi nella maggioranza sunnita della monarchia araba vedrebbe ridurre ancora di più la propria presenza comunitaria; da tempo infatti il principale partito di opposizione al-Wifaq lotta per una riforma democratica che porti gli sciiti ad avere pari dignità civica coi sunniti. L’Iran, perno del revanchismo sciita, si è dichiarato subito contrario, preoccupato anche che all’unione del Bahrain possa seguire quella di altri piccoli stati limitrofi come l’Oman e il Qatar. Il presidente del parlamento iraniano Ali Larijani, ha dichiarato che se il Bahrain si dovesse unire ad un altro Paese, quello dovrebbe essere l’Iran e non l’Arabia Saudita, mentre a Teheran ci sono state numerose manifestazioni contro il governo di Manama e contro quella che sarebbe a loro avviso non un’unione ma un’occupazione. Contrario si è dichiarato anche Moqtada al-Sadr, sciita iracheno leader del Movimento Sadrista (attualmente in parlamento con 39 seggi), che dopo la caduta di Saddam Hussein ha chiesto ripetutamente il ritiro delle truppe americane e dell’ONU e l’istituzione di un governo iracheno a maggioranza sciita.
Il governo del Bahrain ha spiegato l’iniziativa per bocca del Ministro degli Esteri Sheikh Khaled bin Ahmad Al-Khalifa: “L’unione è una richiesta delle popolazioni del Consiglio di Cooperazione del Golfo” e “un'urgenza”, l'ha definita lo stesso primo ministro Khalifa Ben Salmane al-Khalifa, ritenendo quella dell'Iran un'ingerenza negli affari della monarchia. Il ministero degli Esteri di Teheran ha quindi convocato l’incaricato d’affari del Bahrain in Iran per esprimere preoccupazione per la protesta della comunità sciita nella monarchia del Golfo, e Manama a sua volta ha convocato l’incaricato iraniano. Anche gli Stati Uniti, che hanno la loro V flotta nel Golfo Persico si sono mossi: il presidente Barack Obama ha sbloccato la fornitura di armamenti per unità navali al Bahrein.
06 Giugno 2012