Jacopo Salvadori 

La rivolta dei gelsomini ha innescato un processo di cambiamento a tutto tondo all'interno del Paese, introducendo nel dibattito politico quotidiano alcune questioni fondamentali che sono - e saranno - i perni intorno ai quali si svilupperà la ricostruzione dello stato tunisino. Di importanza fondamentale, la nuova Costituzione voluta fortemente dalla popolazione, che vedrà la luce il prossimo 22 novembre, come annunciato dal presidente dell'Assemblea costituente Mustapha Ben Jaafar. È stata decisa anche la data delle prossime elezioni legislative, le prime dopo la caduta del presidente Ben Ali, che si terranno il 20 marzo del prossimo anno.

Altro punto focale sono i media. Riformare i sistemi di comunicazione e informazione è tutt'altro che secondario, dato che i social network, in primis twitter facebook, la tv satellitare, sono stati la base organizzativa delle rivolte maghrebine. “Non vogliamo che i media siano strumenti di regime” ha dichiarato Mehdi Mabrouk, ministro della cultura della Tunisia durante l'Arab Media Forum sui mezzi di comunicazione del Maghreb e del Medio Oriente, che si è tenuto a Dubai il 10 maggio scorso, focalizzando il ruolo dei media, vecchi e nuovi, in relazione ai sistemi di informazione nazionali vigenti. “Copertura giornalistica – ha aggiunto il ministro - non significa mero passaggio di informazioni dal governo al popolo".

Riguardo ai partiti, la grande novità è la legalizzazione del Fronte della riforma, partito islamico di ispirazione salafita. Già lo scorso febbraio la questione è stata al centro del dibattito politico, annoverando tra i suoi simpatizzanti anche il presidente della repubblica tunisina, Moncef Marzouki, che ha dichiarato di essere sin dall'inizio assolutamente d'accordo alla sua legalizzazione. Aria nuova anche per Ennahdha, il partito confessionale e di governo, che pochi giorni fa per bocca di Riadh Chaeibi, presidente del comitato organizzatore del prossimo congresso nazionale, ha annunciato che i membri dell'attuale Assemblea Costituente e coloro che hanno già occupato posizioni di rilievo all'interno del movimento politico, non ricopriranno cariche nel partito. Non ci sarà neanche alcuna possibilità di candidarsi a presidente di Ennahdha per chi ha collaborato con la polizia segreta di Ben Ali, per chi ha ricoperto incarichi politici rilevanti come espontente del Raggruppamento Costituzionale Democratico, partito dell'ex presidente, per chi non dia prova di indiscussa moralità. Ultimo sbarramento, l'attivismo: non potranno candidarsi i membri di Ennahdha con meno di dieci anni di militanza all'interno del gruppo.

28 Maggio 2012

Vai all'inizio della pagina