Jacopo Salvadori (@jacoposalvadori) 

È passato quasi un anno dall'inizio delle proteste contro il presidente Bashar al-Assad e ancora non si placa la repressione del governo. Una lunga lista di nomi (9.026, di cui 534 minori e 288 donne) è stata stilata, giorno per giorno, dal Centro di Documentazione delle Violazioni in Siria, collegato ai Comitati di coordinamento locali degli attivisti presenti nel paese. Tra questi 7.205 sono civili, 1.799 i militari. A Homs se ne contano 3.552, a Hama 1.178 e a Idlib 1.171, in una delle regioni più colpite dove sarebbero stati giustiziati circa 40 disertori dell'esercito.

Durissime le parole del segretario generale dell'ONU: "Ad Homs, Hama e altrove, i combattimenti brutali hanno intrappolato i civili nelle loro case, senza cibo nè elettricità, senza la possibilità di poter evacuare i feriti o seppellire i morti". Ma il dato che ha impressionato maggiormente Ban Ki-Moon è l’estensione del conflitto che sta investendo tutta la nazione. "Questo attacco atroce - ha sottolineato - è ancora più sconvolgente in quanto intrapreso dallo stesso governo siriano, che sta sistematicamente attaccando il suo popolo".

A rinfocolare la rivolta, il rifiuto di Bashar al-Assad di far entrare in Siria gli aiuti umanitari, in particolare quelli medici. Valerie Amos, responsabile delle Nazioni Unite, sta tentando da giorni di ottenere il permesso di varcare il confine, nonostante i dinieghi di Damasco. Proprio qualche giorno fa l'esercito leale al regime ha bloccato un convoglio della Croce Rossa che stava tentando di portare aiuti ad Homs, teatro dei bombardamenti che proseguono da febbraio, dove nel quartiere di Baba Amr si contano 650 crateri causati dalle esplosioni. 

La popolazione, terrorizzata, cerca una via di salvezza. Secondo l’ONU, migliaia di siriani sono entrati in Libano per sfuggire ai massacri, sfidando i bombardamenti a tappeto eseguiti dall'esercito per bloccare ogni possibile fuga. Difficile la situazione delle rappresentanze estere. La Spagna ha chiuso recentemente la propria ambasciata a Damasco a causa della crescente violenza che sta dilagando nel paese. A comunicarlo, il Ministro degli Esteri spagnolo, Jose Manuel Garcia-Margallo, il quale ha voluto sottolineare che la decisione è stata presa dopo una consultazione con i partner europei. Ha anche aggiunto che i due diplomatici spagnoli in Siria rimarranno nel paese, così da ottenere informazioni in prima persona sugli sviluppi delle proteste. Anche la Francia, pur escludendo l'ipotesi di un’operazione militare in Siria, ha ritirato venerdì scorso il proprio ambasciatore per protesta contro l'aumento esponenziale delle violenze e per dare un forte segno nei confronti del regime, in linea con altri Paesi.Sarkozy ha aggiunto inoltre di essere disponibile a potenziare il suo sostegno ai ribelli, qualora dovesse esserci il via libera da parte dell’Onu.

Stati Uniti e Gran Bretagna avevano già chiuso la loro ambasciata a Damasco fin dallo scorso febbraio, mentre i Paesi dell'Unione Europea hanno deciso di mantenere i loro diplomatici. "Pensiamo - ha illustrato Michael Mann, portavoce UE - che sia importante avere nostri rappresentanti sul campo per continuare a monitorare la situazione".

@jacoposalvadori

7 Marzo 2012

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