Giulia Brugnolini 

L’opposizione yemenita, guidata dalla tribù degli Ashid, ha incontrato due giorni fa il vicepresidente Abed Rabbo Mansour Hadi nel tentativo di concludere con lui un accordo finalizzato alla formazione di un governo di unità nazionale fino a nuove elezioni. Hadi, molto stimato dall’opposizione, sta infatti ricoprendo le funzioni del presidente Alì Abdullah Saleh -ferito gravemente nei bombardamenti che hanno colpito due settimane fa la moschea della sua residenza e ancora ricoverato a Rihad. 

Tra i termini dell’accordo presentato vi è la richiesta dell’estensione del cessate il fuoco, siglato a Sanaa grazie alla mediazione dell’Arabia Saudita, e un appello ad una soluzione alla penuria di cibo e altri beni di prima necessità nelle città teatro degli scontri.

La trattativa è stata caldeggiata dagli Stati Uniti che insistono per una rapida uscita dello Yemen dalla crisi, preoccupati anche per gli scontri al sud tra l’esercito e i militanti di Al Qaeda che nel Paese ha una delle sue roccaforti, principale bersaglio dei raid statunitensi.

Tuttavia l’assenza di Saleh non rappresenta un fattore determinante per una reale transizione al potere, dal momento che suo figlio Ahmed è a capo dell’élite militare delle Guardie Repubblicane e altri familiari ricoprono ruoli di rilievo nelle forze di sicurezza. Il tentativo dell’opposizione sembra quindi per il momento privo di sbocchi: il vicepresidente Hadi, d’intesa con le gerarchie del regime, si è rifiutato di discutere i termini di una qualsiasi transizione prima del ritorno del presidente Saleh, sulle cui condizioni di salute si hanno notizie contraddittorie e nessuna foto né alcun referto medico sono stati resi pubblici. Fonti statunitensi riferiscono che le condizioni di Saleh siano più gravi di quanto dichiarato dalle autorità yemenite, le quali invece assicurano una pronta guarigione e un suo imminente messaggio alla nazione.

15 giugno 2011

Vai all'inizio della pagina