Giulia Brugnolini
Le truppe del leader libico Gheddafi continuano a bombardare recuperando postazioni a Ajdabiya e Misurata, teatri dell’ennesimo capitolo di una guerra definita “di posizione”, fatta in realtà di avanzate e ritirate continue su entrambi i fronti.
In un paese ormai di fatto diviso in due, con Tripoli ancora controllata da Gheddafi e la Cirenaica in mano ai ribelli, ad aggravare le condizioni della popolazione si aggiunge, come denunciato da Human Right Watch, l’uso da parte delle truppe lealiste di bombe a grappolo, proibite da una convenzione internazionale.
Fonti sanitarie fanno anche sapere che mille persone sono morte nelle ultime sei settimane a Misurata, l’ottanta percento delle quali sarebbero civili. Dopo le affermazioni del presidente degli Stati Uniti Barack Obama in merito alla prima fase della missione definita “chiara, mirata e sulla via del successo”, alla luce dei nuovi sviluppi Washington cerca adesso di ridare una prospettiva ottimistica all’intervento militare sostenendo che il regime Gheddafi è prossimo al crollo. Non può tuttavia nascondere che le indecisioni della coalizione atlantica consentono al leader libico di mantenere ancora le sue posizioni. Più realistiche, invece, le parole del viceministro degli esteri tedesco Werner Hoyer: “Questa non sarà una missione breve” ha affermato, aggiungendo “è molto più lunga, complicata e impegnativa di quanto qualcuno si aspettava”.
07 maggio 2011