Giulia Brugnolini
Il governo siriano, in risposta alle proteste che da circa un mese infiammano le piazze, approverà oggi tre decreti coi quali sarà revocato definitivamente lo stato di emergenza in vigore dal 1963, che di fatto limita la libertà dei cittadini. Verrà anche abolita la Corte suprema per la sicurezza dello Stato, il tribunale speciale contro i dissidenti. I provvedimenti sono stati annunciati sabato scorso dal presidente Bashar al-Assad durante il suo secondo discorso dall’inizio delle manifestazioni popolari, indicando un cambiamento di rotta da parte del regime rispetto alla totale chiusura iniziale. Sulla stessa linea “morbida”, nei giorni scorsi è stata concessa la cittadinanza a 120.000 curdi che vivono da apolidi nel paese da quasi cinquant’anni.
Tuttavia le misure adottate da parte di un regime guidato dal 1971 prima da Hafez el Assad e alla sua morte nel 2000, dal figlio Bashar, sono apparsi poco credibili e tardivi agli occhi della popolazione che continua a manifestare. I decreti che saranno approvati oggi e, più in generale, le aperture riformiste di Assad, vengono giudicati soltanto di facciata, mentre non è chiaro quali nuove leggi saranno introdotte una volta abrogato lo stato di emergenza.
Continuano quindi le manifestazioni dilagate ormai in tutte le città della Siria e, dall’altra, la repressione sanguinosa da parte del regime che non sembra intenzionato a lasciare il potere. Nelle ultime quarantotto ore sono state venti le vittime della polizia siriana che ha aperto il fuoco contro i manifestanti a Homs, città ad est di Damasco. Uno dei maggiori esponenti dell’opposizione, Mahmoud Issa, è stato arrestato.
La situazione appare ancor più complessa dopo il comunicato diffuso dal ministero dell’Interno in cui si vieta qualsiasi tipo di marcia, manifestazione o sit-in, a dimostrazione che la prova di forza tra il regime e i manifestanti continua.
06 Maggio 2011