Giulia Brugnolini 

bombardamenti sui manifestanti in Libia hanno scatenato la reazione della comunità internazionale. La repressione infatti ha già prodotto migliaia di morti ad opera delle truppe di mercenari ingaggiate dal presidente, senza poter fissare un numero preciso delle vittime. L’Onu ha già approvato all’unanimità una dichiarazione di condanna della violenza spropositata sui civili, mentre l’Unione Europea sta meditando di infliggere delle sanzioni alla Libia e il presidente americano Barack Obama  ha dichiarato “Condanniamo fortemente l'uso della violenza in Libia. Il bagno di sangue è mostruoso, ed è inaccettabile. Queste azioni violano le norme internazionali e ogni standard di normale decenza”. Il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia, Foad Aodi, che dispone di alcune fonti dirette da Tripoli, ha parlato di un bilancio di morti che ricorda la “Piazza Tien An Men” denunciando, inoltre, la penuria di energia elettrica e medicinali degli ospedali libici, emergenza sottolineata anche dal portavoce della Croce Rossa per il Nord Africa che ha confermato la penuria di sangue per le trasfusioni nelle sale operatorie.

Ma il Colonnello Gheddafi non molla. Ieri nella sua seconda apparizione in tv ha definito i manifestanti “ratti, mercenari e drogati” ed ha ribadito la sua volontà di “restare a capo della rivoluzione fino alla morte”, minacciando il suo popolo di genocidio.

Le reazioni in Italia alla crisi libica- paese nel quale si registra la presenza di una forte imprenditoria italiana e dal quale arrivano grossi quantitativi di gas- è stata improntata, in un primo momento, alla cautela. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quando sono iniziate le manifestazioni, ha immediatamente esortato il leader libico Gheddafi ad “ascoltare il popolo” sottolineando la necessità di un dialogo tra le diverse componenti della società civile libica. Successivamente, con l’evolversi degli eventi e di fronte alla violenta repressione, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato “no alle violenze, ma attenti al dopo” additando i rischi del fondamentalismo islamico. Inoltre l’Italia è estremamente preoccupata per il probabile esodo di profughi verso le coste italiane, 300 mila secondo la stima elaborata dal governo nel corso del vertice di ieri a Palazzo Chigi. L'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha lanciato un appello agli stati più vicini alla Libia perché non respingano i civili in fuga dagli scontri.

24 Febbraio 2011

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