Giulia Brugnolini
Continuano le dimostrazioni in piazza della Perla a Manama, capitale del piccolo regno del Bahrein, mentre è salito a sette il numero dei manifestanti uccisi dalla polizia dall’inizio della protesta. Gli ultimi attacchi delle squadre antisommossa nei confronti dei dimostranti, giudicati dal governo “necessari”, chiudono definitivamente la porta del dialogo, spingendo la popolazione a maggioranza sciita a chiedere addirittura le dimissioni del re Hamad bin Isa Al Khalifa che porrebbero fine, così, alla dinastia sunnita degli Al Khalifa.
Venerdì scorso migliaia di cittadini hanno preso parte al funerale, nel villaggio di Sirta nei pressi della capitale, delle quattro vittime di un raid notturno della polizia, mentre l’esercito accerchiava Manama coi blindati. Un massacro, come lo ha definito la più alta autorità religiosa sciita del paese, Sheikh Issa Qassem, nella sua preghiera del venerdì.
Le richieste avanzate inizialmente dal maggiore blocco dell’opposizione, Wefaq, che hanno spinto i cittadini a scendere in piazza pacificamente riguardano il rilascio di tutti i detenuti politici, più lavoro e case per la popolazione e nuove elezioni per arrivare a un nuovo governo. Le forze di sicurezza in Bahrein sono costituite per lo più da siriani, giordani e pachistani, senza alcun legame con la popolazione e non hanno esitato a reagire, allontanandosi dallo spirito dei manifestanti che hanno rilanciato le loro richieste in maniera più radicale. Addirittura alcuni sono arrivati a urlare slogan che invocavano la morte degli Al Khalifa, ma, più in generale, quelle che erano richieste di una maggiore giustizia sociale e di maggiori diritti democratici, così disattesi, hanno alimentato il loro sentimento di ostilità. Il gruppo Wefaq ha quindi rifiutato l’offerta di dialogo avanzata dal Re Hamad bin Isa Al Khalifa e ha ritirato dal Parlamento i suoi 18 deputati in segno di protesta. “Per poter prendere in considerazione la proposta di dialogo, occorre che il governo si dimetta e che l’esercito si ritiri dalle strade di Manama”, ha detto il leader del gruppo, Abdel Jalil Khalil Ibrahim. “Quello che stiamo vedendo ora non è il linguaggio del dialogo, ma il linguaggio della forza”.
La violenza ha suscitato la preoccupazione del presidente degl Stati Uniti Barack Obama, che, come negli altri stati arabi dove le popolazioni stanno manifestando contro i governi, auspica la moderazione da parte dei capi di stato nel rispondere alle proteste pacifiche e il rispetto dei diritti dei popoli. In una telefonata diretta al Re del Bahrein ha condannato l’uso della violenza, temendo per la stabilità del Paese, visto anche che nelle sue acque territoriali è alla fonda la Quinta Flotta statunitense.
22 febbraio 2011