Emanuela Ulivi 

Salirà o no sul banco degli imputati? Tra settembre e dicembre, come ha precisato Antonio Cassese, presidente del Tribunale Speciale per il Libano (istituito dall’ONU nel 2007 per perseguire gli autori dell’attentato del 14 febbraio 2005 all’ex premier Rafik Hariri, in cui sono morte altre 22 persone, e di quelli successivi a quella data), è atteso l’atto di accusa firmato dal procuratore Daniel Bellemare, ma già si vocifera di un coinvolgimento di alcuni militanti di Hezbollah o di elementi a esso vicini. In un crescendo di toni, da giorni il Partito di Dio ha iniziato una campagna per prevenire un’eventuale valanga dagli esiti imprevedibili. Senza escludere, neanche tanto velatamente, il pericolo di una riedizione dei violenti scontri del 7 maggio 2008, seguiti alla decisione del governo, dopo una serie di attentati, di rimuovere il capo della sicurezza all’aeroporto di Beirut e di ritenere illegali le reti telefoniche usate dal Partito di Dio per scopi militari. Gli scontri riguardarono principalmente Hezbollah e il partito del Futuro, guidato da Saad Hariri, figlio di Rafik, oggi capo del governo in carica del quale fa parte anche Hezbollah. Crescono quindi i timori non solo in Libano, anche Israele, la Turchia, la Lega Araba hanno espresso la loro apprensione per quanto potrebbe accadere sulla scena libanese.

Che il TSL avrebbe in mente di accusare alcuni militanti del Partito di Dio, lo ha confermato, stando a quanto dichiarato dal segretario generale di Hezbollah, lo stesso Saad Hariri direttamente ad Hassan Nasrallah che ha subito rigettato “l’idea che dei membri del Partito di Dio siano accusati” e che, nel caso fossero implicati, si tratterebbe di elementi indisciplinati.

Il tentativo di esorcizzare le conseguenze di un coinvolgimento è partito quindi a tutto campo. Da un lato, cercando di screditare il lavoro del TSL, non meno che della Commissione indipendente d’inchiesta, che, a dire di Nasrallah, si sarebbe avvalsa, in particolare prima della nomina di Bellemare, di false testimonianze orientando le indagini sulla Siria, come ha dimostrato l’arresto dei quattro generali successivamente liberati. Alcuni componenti della Commissione avrebbero inoltre dei legami coi servizi segreti israeliani, “gli israeliani –ha affermato Nasrallah- impotenti di fronte alla solidità della resistenza, scommettono su un nuovo progetto, quello del tribunale internazionale. Puntano su un atto di accusa prefabbricato che metterà in causa Hezbollah”. L’arresto di una serie di spie libanesi che passavano informazioni a Israele, tre delle quali impiegate nelle telecomunicazioni, getterebbe quindi discredito su tutta la rete spionistica. (Di telefoni cellulari aveva parlato l’anno scorso anche il settimanale tedesco Der Spiegel sulla base di alcuni documenti dell’inchiesta, secondo i quali era stato identificato un primo gruppo di telefoni acquistati a Tripoli alcune settimane prima dell’attentato ad Hariri e mai usati fino a quel 14 febbraio fatidico, che avrebbero contattato una ventina di utenze di appartenenti al “braccio operativo” di Hezbollah).

Un complotto insomma ordito tramite il TSL contro la resistenza. Ma anche contro il Libano tutto, allargandone la prospettiva: il perseguimento degli assassini di Hariri non sarebbe più, secondo il segretario generale, un “affare di famiglia” ma una questione di “consenso nazionale”. Un tentativo di spezzare la resistenza che non prende più di mira la Siria o i suoi alleati ma Hezbollah direttamente, facendo leva su un avvenimento carico di emozioni che coinvolge tutti i libanesi.

La  vera partita però si gioca sul versante politico interno affinché, nel caso in cui davvero alcuni membri di Hezbollah fossero chiamati sul banco degli imputati, l’atto di accusa venga ricusato. Alla maggioranza parlamentare del “14 marzo” (nome significativo perché evoca la grande manifestazione che si svolse un mese dopo l’attentato ad Hariri, con un milione di persone in piazza che chiedevano la verità sull’assassinio e insieme il ritiro delle truppe siriane dal Paese, coalizzando forze ed esponenti politici di tutte le estrazioni comunitarie) si rimprovera di aver puntato da subito e insistentemente il dito contro la Siria, invitandola quindi a riflettere. Di tutto rilievo però sono per Hezbollah le intenzioni del premier Saad Hariri, parte in causa e capo di un governo di unità nazionale, che in questi mesi sta riannodando le relazioni con la Siria. Durante il congresso del partito del Futuro alla guida del quale è stato riconfermato sabato scorso, Hariri ha richiamato alla calma a fronte dei tentativi, del timore o della speranza, di alcuni, di una crisi in Libano o di frizioni tra sciiti e sunniti. Chiarendo però che sì, l’assassinio di suo padre è diventato un caso nazionale se non internazionale ma che “l’impegno a ché giustizia sia fatta non sarà mai soggetto a concessioni”.

In questo contesto, Nasrallah ha prontamente appoggiato la proposta dall’ex premier Selim Hoss di convocare una riunione straordinaria del consiglio dei ministri e chiedendo che l’atto di accusa venga trasmesso alle autorità libanesi un mese prima della sua pubblicazione.  Il segretario generale di Hezbollah ha anche avanzato l’idea di una commissione ad hoc incaricata di occuparsi della vicenda, sia essa ministeriale, di sicurezza, giudiziaria o mista, purché libanese. Un tentativo di arginare, se non neutralizzare, le conseguenze di un’accusa formulata da un organo internazionale come il TSL, riportando la questione nei confini domestici. I termini della questione sono comunque chiari, stando alle parole del ministro Hussein Hajj Hassan, vicino a Hezbollah, secondo il quale il Partito di Dio vuole preservare la stabilità del Paese nella misura in cui un’atmosfera stabile sia la condizione migliore per la resistenza.

Che la situazione sia estremamente delicata lo dimostra l’incontro tempestivo col presidente della repubblica libanese Michel Sleiman dei capi di stato dell’Arabia e della Siria –nei confronti della quale le ipotesi si sprecano, visti i suoi rapporti sia con l'Arabia saudita che con l'Iran, protettore di Hezbollah- previsto oggi e quello di domani con l'emiro del Qatar per scongiurare l’incendio. 
 
30 Luglio 2010

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