Alessandro Vanni 

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è intervenuto ieri a Washington alla riunione dell’AIPAC, il Comitato per gli affari pubblici israelo-americani, affermando con decisione che “Gerusalemme non è una colonia, ma la capitale di Israele”, e che il popolo ebraico “ha costruito Gerusalemme tremila anni fa, e continua a costruirla ora”. La presa di posizione di Netanyahu esclude ogni possibile ripensamento sull’annunciato progetto di costruzione di 1600 nuovi insediamenti israeliani a Gerusalemme est. E allo stesso tempo risponde all’invito di Hillary Clinton di effettuare “scelte difficili ma necessarie” sulla via della pace. Nella giornata di ieri, di fronte allo stesso uditorio, la Clinton aveva ribadito che l’impegno di Washington per la sicurezza d'Israele è "saldo ed incrollabile” e aveva espresso la volontà degli Stati Uniti di seguire la via dei “colloqui indiretti” per rilanciare il percorso di pace, visto che "lo status quo è insostenibile per tutte le parti in causa e promette soltanto nuove dosi di violenza". Ed invitato le parti a riprendere i proximity talks, considerati a tutt’oggi l’unica strada percorribile. “Se la soluzione è due Stati e due popoli – ha proseguito la Clinton – la costruzione di nuovi insediamenti a Gerusalemme non può far altro che mettere a rischio i colloqui". Ma Netanyahu ha appunto ribadito il pieno diritto di Israele a costruire a Gerusalemme, “la capitale, non una colonia”. Secondo il portavoce del Dipartimento di Stato americano Philip Crowley, nell'incontro di ieri, Netanyahu e il segretario di Stato americano hanno discusso di un'eventuale azione volta a ''migliorare il clima'' delle relazioni tra i due Paesi. ''Il nostro obiettivo rimane la creazione di un clima di fiducia in modo che le parti possono cominciare ad affrontare le questioni fondamentali attraverso colloqui di prossimita' e passare ai negoziati diretti al piu' presto possibile'', ha aggiunto Crowley. Oggi il Primo ministro israeliano incontrera' il Presidente statunitense Barack Obama, dopo la crisi apertasi con l'annuncio di nuovi insediamenti a Gerusalemme Est durante la visita del Vice presidente americano Joe Biden in Israele.

La visita di Ban Ki-moon a Gaza

Domenica scorsa il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in visita a Gaza, aveva invitato Israele a rimuovere il blocco nella Striscia, poichè causa di “sofferenze inaccettabili” per la popolazione palestinese. Entrato dal valico di Erez, Ban Ki-moon è alla seconda visita a Gaza dal dicembre 2008, dopo l’operazione “Piombo fuso” lanciata da Israele in risposta agli attacchi palestinesi. Il Segretario Generale è stato accolto da alcuni manifestanti che invocavano la fine del blocco imposto su Gaza ormai dal 2007, ed ha espresso la sua “solidarietà al popolo palestinese per le sue sofferenze”, sottolineando la critica situazione umanitaria in un territorio che ha la densità di abitanti fra le più alte del mondo. Il numero uno dell’ONU si è detto sicuro che il blocco israeliano “potrà essere revocato”, garantendo allo stesso tempo le “legittime preoccupazioni di Israele sulla sicurezza”, ed ha confermato la parziale apertura di Israele all’introduzione di materiale da costruzione per circa 150 alloggi nella Striscia, i primi a essere edificati dopo lo stop imposto in seguito alla vittoria di Hamas nel 2006.

Ma nel frattempo si continua a morire: due palestinesi sono stati uccisi da militari dell’esercito israeliano nei pressi di Nablus, nel nord della Cisgiordania. Un portavoce militare ha riferito che i due stavano tentando di attaccare un soldato dello stato ebraico: sale così a quattro il numero dei palestinesi uccisi in Cisgiordania negli ultimi due giorni.

Il Quartetto a Mosca

Il Quartetto (Catherine Ashton per l’Ue, Hillary Clinton per gli Usa, Ban Ki-moon per l’Onu, Sergej Lavrov per la Russia, più l’ex premier britannico Tony Blair) riunitosi il 20 marzo a Mosca, invitando Israele a congelare "tutte le attività di colonizzazione, comprese quelle destinate all'incremento demografico naturale", a bloccare ogni tipo di costruzione a Gerusalemme Est.

La preoccupazione per la situazione sul campo è stata al centro dell’incontro moscovita. Apprensione per la crisi di Gaza, prima di tutto con i nuovi lanci di razzi Qassam palestinesi contro i villaggi israeliani e le risposte dell’aviazione israeliana. Preoccupazione anche per Gerusalemme, dove la tensione resta alta. Il Quartetto ha auspicato che uno Stato palestinese indipendente possa nascere entro due anni, così da realizzare il disegno dei “due popoli in due Stati”, indicando per la prima volta un termine temporale. Ma le reazioni di parte israeliana non sono state calorose: il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman definisce il vertice di Mosca “un colpo alle speranze di pace nella regione”, mentre un sondaggio pubblicato da Haaretz rivela che il 27% degli israeliani (dunque quasi un terzo della popolazione) definisce il presidente americano Barack Obama un “antisemita”.

Incurante delle richieste di congelare la costruzione di nuovi edifici a Gerusalemme est avanzata da Quartetto e da Ban Ki-moon, dunque, Netanyahu ha ribadito che le politiche edificatorie nella città santa sono «le stesse in vigore a Tel Aviv». Il premier ha confermato, in sintesi, quella che è da sempre l'univoca posizione di Israele: Gerusalemme Est, conquistata nel 1967 al termine della Guerra dei Sei Giorni, è parte integrante dello Stato ebraico. E intanto per domenica prossima è atteso a Gerusalemme il ritorno di George Mitchell. Il mediatore americano tenterà ancora una volta di riallacciare un discorso che al momento sembra impossibile.

23 marzo 2010

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