Alessandro Vanni 

Teheran - L'ayatollah Ali Khamenei, guida suprema iraniana, in un discorso pronunciato ieri a Teheran, ha minacciato ancora una volta gli avversari del regime, affermando che "l'opposizione sarà eliminata". Khamenei ha accusato i "nemici della Repubblica Islamica" di aver sostenuto l'azione di un gruppo di oppositori che nei giorni scorsi ha dato alle fiamme una fotografia di Khomeini. Già da diversi giorni circola insistentemente la voce di arresti nei confronti di alcuni leader dell'opposizione, tra cui quello del candidato riformista Mir Hossein Moussavi, sconfitto alle ultime elezioni. Dopo il video trasmesso dalla televisione di stato in cui veniva mostrata la fotografia di Khomeini data alla fiamme, il discorso di Khamenei era molto atteso. E la guida suprema non ha tardato a far sentire la sua voce in un messaggio durissimo contro gli oppositori. Al termine del discorso Khamenei ha legittimato ancora una volta il presidente Ahmadinejad, ribadendo che il risultato delle elezioni del 12 giugno è stato corretto e che quindi il caso è da considerarsi chiuso. Abbas Jafari Dolatabadai, capo della procura di Teheran ha affermato che coloro che si trovavano sul posto al momento della profanazione dell’immagine di Ruhollah Khomeini sono stati tutti identificati. 

Sul video esistono anche diverse versioni dell'accaduto, tra cui quella che vorrebbe il regime stesso autore del video come pretesto per colpire duramente l'opposizione che fin dalle elezioni di giugno non ha smesso di accusare Ahmadinejad di brogli e di corruzione. L'istituto diretto dalla famiglia di Khomeini ingrossa le file degli scettici, mentre, per il momento, l'erede del fondatore della Repubblica Islamica, Hassan Khomeini, ha deciso di non pronunciarsi. Sul sito dove il leader riformista ha spesso pubblicato il suo dissenso, Moussavi ha invitato gli oppositori alla vigilanza, poichè le immagini della fotografia bruciata sarebbero nient'altro che un pretesto per poter attaccare ulteriormente i giovani oppositori. Dopo aver condannato la repressione delle proteste, che porterebbero a una "radicalizzazione" della lotta politica nel Paese, Moussavi ha accusato il regime di non dare risposte al gran numero di persone che esprimono dubbi sulla correttezza della recente consultazione, ma, anzi, di attaccarle e imprigionarle. E ha citato l'episodio del 7 dicembre scorso, quando forze di sicurezza armate di mazze e bastoni sono state fatte entrare nelle università per reprimere con la forza una manifestazione in occasione della giornata dello studente. 

I Pasdaran non hanno fatto attendere la loro reazione, avvertendo di essere già pronti ad affrontare i nemici del Paese, come riportato in un comunicato rilasciato all'agenzia Ilna dai Guardiani della Rivoluzione. Gli stessi Guardiani hanno anche chiesto "l'immediato processo e la punizione" per coloro che hanno organizzato la profanazione dell'immagine di Khomeini e degli esecutori materiale dell'"atto vergognoso". Ad essere accusati sono anche i "circoli dei nemici stranieri della rivoluzione" oltre agli oppositori interni del Paese.  

Il regime, secondo quanto temono gli oppositori, vorrebbe procedere all'arresto di Mousavi prima della festa dell'Ashura, la ricorrenza sciita del martirio dell'Imam Hossein, che quest'anno cadrà il 26 e 27 dicembre, ponendo fine alle proteste di piazza prima del raduno di migliaia di persone per la celebrazione. 

E le repressioni non si limitano agli studenti accusati di aver bruciato la foto di Khomeini. Said Leylaz, un economista che negli ultimi anni ha criticato duramente la politica del Presidente Mahmud Ahmadinejad, e' stato condannato nel frattempo a 9 anni e ben 74 frustate, dopo essere stato arrestato in seguito alle proteste scaturite dalle elezioni di giugno. L'avvocato di Leylaz ha subito annunciato appello contro la sentenza, che riconosce l'economista colpevole di propaganda contro il sistema di governo. A Leylaz sono state inflitte diverse pene: un anno per avere partecipato ad una manifestazione pacifica contro la rielezioni di Ahmadinejad, 2 anni e le 74 frustate per insulti ad autorità e ben altri cinque anni per aver partecipato ad incontri con diplomatici stranieri a Teheran. 

15 dicembre 2009

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