Emanuela Ulivi
BEIRUT - Nei giorni scorsi Hassan Nasrallah, segretario appena rieletto di Hezbollah, ha illustrato il secondo documento politico, dopo quello del 1985, del partito islamico sciita sostenuto da Teheran, formatosi in Libano nel 1982 all’indomani dell’invasione israeliana del Paese catalizzando alcune formazioni nate sulla scia della rivoluzione iraniana. Un “Manifesto” di trentadue pagine nel quale si sottolinea l’appartenenza del Partito di Dio al Libano, si delineano le politiche e le prospettive della sua azione.
Il segretario di Hezbollah ha parlato del Libano come “Paese messaggio”, riprendendo la definizione di Giovanni Paolo II durante la sua visita nel 1996. Ma qual è il messaggio che questo documeno lancia, al Libano e al mondo intero?
“Ne ha parlato incidentalmente, ha detto ‘è una benedizione’, ma questa espressione è come se volesse dire che non è contro qualcosa che contraddistingue il Paese, nello stesso tempo non lo riconosce in modo diretto, cioè non ha detto che è un messaggio” - precisa Elie Fayad, editorialista del quotidiano libanese in lingua francese L’Orient Le Jour.
“La politica di Hezbollah non può cambiare –prosegue Fayad- e rispetto a quello del 1985 questo Manifesto è solo un cambio di maquillage. Al di lá delle parole, quello che conta è ciò che si può fare concretamente. Una cosa è chiesta a Hezbollah: di essere un partito politico come tutti gli altri. Questione che resta in sospeso, questo documento politico non risponde. Prima della ‘libanizzazione’ del partito, la questione è che diventi normale, senza armi, senza una propria diplomazia, una propria rete di telecomunicazioni, ecc. Non hanno ancora risposto alla richiesta di normalizzazione, senza la quale la ‘libanizzazione’ è solo un’operazione cosmetica. Il concetto di ‘Paese messaggio’ non deve diventare uno slogan, Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato che più che uno Stato, il Libano è un messaggio. Qui in Libano, alla base, tutte le comunita’ sono minoritarie se prese da sole, per questo è necessaria la loro gestione e il ‘messaggio’ è potenziale: è che in Libano nonostante le difficoltá c’ è possibilitá di vita comune tra tutte queste minoranze. In Parlamento sono tutte presenti. Da questa coesistenza deriva il messaggio per tutti i Paesi, che si accompagna a caratteristiche quali la tolleranza e l’apertura al mondo, che Hezbollah non ha. Trasformare tutto lo stato in avanguardia del conflitto contro Israele è una contraddizione. Oltre alla politica quotidiana, dove ad esempio la vicenda del Diario di Anna Frank (a novembre un manuale che ne conteneva degli stralci, è stato ritirato in una scuola su pressione di Hezbollah, n.d.r.) dimostra che per loro il Libano non puo’ essere un messaggio. In Libano ‘messaggio’ è pacificazione, normalizzazione e modello di convivialitá, di tolleranza e apertura”.
In questo secondo Manifesto del partito, si sottolinea con forza l’appartenenza di Hezbollah al Libano. E’ sufficiente questa affermazione per tranquillizzare i libanesi, ora che è stato varato il nuovo governo di coalizione in cui l’opposizione –della quale fa parte Hezbollah- ha un terzo dei ministri?
“Quello che si chiede a Hezbollah è la normalizzazione. Non so cosa sia la ‘libanizzazione’ dal momento che gli appartenenti a Hezbollah sono tutti libanesi. In uno stato islamico, come in Iran, Khamenei detiene sia il potere religioso che quello politico e questo è un problema perché in Libano non si può instaurare una repubblica islamica. Un’ambiguitá questa che dimostra che non sono in grado di cambiare le cose.
Sul piano della sicurezza, tutti sanno che non ci sará un ritorno alla guerra civile. C’e’ un rapporto di forza sul terreno e il governo appena insediato ne è la sua traduzione. Ma Hezbollah non può gestire il Paese. In questo rapporto di forza c’ è un fatto importante: malgrado tutto, da agosto 2008 a dicembre 2009, nel Sud del Libano non ci sono stati grossi incidenti, eccettuati alcuni razzi anonimi ed è la prima volta, si puo’ dire, dalla fine degli anni ’60, che sono trascorsi tre anni senza incidenti di rilievo. Hezbollah, che si dice continui ad ammassare armi a Nord del fiume Litani ma è ovvio che ha una forza anche a Sud, ha un margine di manovra limitato grazie alla risoluzione 1701, all’Unifil e all’Esercito libanese”.
Lo stesso documento, che parla del declino dell’egemonia degli USA e della necessitá di rafforzare la resistenza, offre una visione transnazionale dell’azione del Partito di Dio che tocca non solo la Palestina ma anche l’America latina. Questo doppio standard, nazionale e transnazionale, come può conciliarsi con la sua partecipazione politica?
“C’è un’evoluzione paradossale quando Hezbollah parla della sua ‘libanizzazione’, di responsabilitá politica e di coinvolgimento nelle questioni di altri Paesi. Perché ne parla ora? A Beirut Sud Hezbollah ha costituito una specie di stato nello stato ma senza assumersi le responsabilitá di uno stato, il quale dispone di una forza di polizia (nel quartiere Sud della capitale sono intervenute, in accordo con Hezbollah, le forze di sicurezza inviate dal Ministro dell’Interno per contrastare criminalitá, droga e prostituzione, n.d.r.). Forse perché la gente del quartiere che proviene da Baalbeck, è leale prima alla tribù e dopo al partito ed Hezbollah per non creare scontento ha lasciato il compito allo stato. Inoltre ad agosto 2008, Hezbollah ha affermato sí di volere uno stato forte ma anche che non bisogna aspettare lo stato per "costruire le nostre case". Ma se lo stato prendesse in mano la situazione e dimostrasse che è presente forse Hezbollah lo impedirebbe perchè è molto attivo attraverso le prestazioni sociali. Col risultato che lo stato viene ancora più detestato dalla gente nel momento in cui si presenta nella sua veste politica”.
Nasrallah ha parlato di Israele come di una “entita’ non fattibile” ed ha richiamato tutte le nazioni a liberare le terre occupate da Israele. Qual è il senso di queste affermazioni e che conseguenze possono comportare per il Libano?
“Questo è un esempio di non ‘libanizzazione’ di Hezbollah perché non si pone nei confronti di Israele come si pongono i libanesi. Non si capisce quali siano gli obiettivi della resistenza libanese. Inoltre ancora una volta la posizione di Hezbollah è destinata a dare una frontiera all’Iran con Israele e non serve a combattere Israele ma a provocare un'escalation. L’obiettivo è combattere Israele ma quello reale è mantenere l’influenza dell’Iran nella regione. Il vero conflitto è tra l’Iran e gli Arabi; il conflitto tra l’Iran e Israele ha lo scopo di indebolire i regimi arabi. Lo hanno fatto anche gli arabi; prima della crisi del Golfo nel 1990, due mesi prima di invadere il Kuwait Saddam Hussein disse che se Israele avesse attaccato, l’Iraq avrebbe distrutto la metá dello stato israeliano, due mesi dopo invece Saddam ha invaso il Kuwait. Israele è una specie di capro espiatorio per le questioni arabe. E gli israeliani ne approfittano: non avendo una strategia di pace finiscono per favorire quelli che come l’Iran permettono loro di non dare niente ai Paesi arabi moderati che hanno accettato l’idea di due stati (israeliano e palestinese)”.
Riguardo alla politica interna, il segretario di Hezbollah ha ripreso il tema dell’abolizione del confessionalismo, perché costituisce un ostacolo alla vera democrazia in cui la maggioranza governa e l’opposizione fa opposizione. Ed ha parlato della democrazia basata sul consenso come una specie di fase transitoria. La Costituzione libanese prevede che tutte le comunita’ facciano parte del governo ma non che i partiti di opposizione vi partecipino. Hezbollah, che pure rappresenta larga parte della comunitá sciita, invece è stato per la prima volta nel governo nel 2005 ed ha reclamato e ottenuto dopo gli scontri e l’accordo di Doha del 2008, il governo di unita’ nazionale di cui l’attuale è una riedizione, pur non avendo vinto le elezioni legislative a giugno. Come può quindi avvenire questo passaggio?
“Hezbollah fa deliberatamente una confusione di base tra il concetto di maggioranza confessionale e maggioranza politica. Negli ultimi anni, più volte Hassan Nasrallah ha parlato di maggioranza numerica per non parlare di maggioranza politica. La Costituzione si limita alla paritá islamo/cristiana e la ripartizione all’interno delle grandi comunitá è un fatto secondario nella Costituzione, secondo la quale i risultati delle legislative indicano una maggioranza politica fatta di partiti politici. In piu’ prevede 14 materie per le quali è richiesta la maggioranza qualificata più uno e la maggioranza semplice per le altre. Hezbollah, che vuole essere uno stato nello stato, continuare ad esistere, salvaguardare le proprie armi, deve quindi affossare la Costituzione. E l’accordo di Doha è qualcosa che si pone a fianco della Costituzione”
Davvero la resistenza potrá affiancare l’esercito come ha detto il segretario Nasrallah? E’ di questo che si parlerá al tavolo del dialogo nazionale?
“Il tavolo di dialogo, non vedo, cosí com’ è, come possa arrivare a dei risultati. Nel contesto attuale si possono immaginare delle soluzioni ma non in concreto. Se l’obiettivo politico di Hezbollah è di possedere delle armi e permettere all’Iran di avere una frontiera con Israele, la soluzione è che una volta che l’Iran sia obbligato ad abbandonare questa posizione, una soluzione potrá essere trovata come quella adottata con le milizie dopo la guerra in Libano”.
Nessun partito in Libano ha presentato un programma in campagna elettorale per le elezioni a giugno scorso e il programma di governo è stato stilato quando l’esecutivo si era giá insediato. Proprio all’indomani della redazione definitiva della “dichiarazione ministeriale” e prima della ripresa del dialogo nazionale, Hezbollah rende pubblico questo secondo manifesto del partito. Ora che l’opposizione ha un terzo dei ministri, Hezbollah condizionerà o no la politica libanese?
“L’opposizione non ha potere di veto. Non bisogna esasperare la portata dei programmi perché i libanesi conoscono gli orientamenti dei partiti e non bisogna aspettarsi troppo dai programmi come in Occidente. Le armi di Hezbollah, anche se non sono utilizzate, sono però sulla bilancia, per questo abbiamo un governo di unitá nazionale. Ma resta il fatto che Hezbollah non può gestire il Paese”.
Intervista di Emanuela Ulivi a Elie Fayad, editorialista de "L'Orient-Le Jour."
11 dicembre 2009