Letizia Mancini 

Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, durante il Consiglio dei Ministri di lunedì scorso, ha autorizzato ufficialmente la costruzione di 450 case nei territori della Cisgiordania, nonostante le posizioni contrarie di Stati Uniti e Comunità Internazionale. A comunincarlo è stato il ministro stesso in una nota. Ehud Barak ha firmato l’autorizzazione per la costruzione di 366 abitazioni e nei prossimi giorni verrà approvata anche la realizzazione delle 90 unità abitative rimanenti, che vanno ad affiancare le 2500 già in costruzione.
La decisione sarà avversata da George Mitchell, emissario del Presidente statunitense Barak Obama, che si recherà in visita in Israele alla fine della settimana per incentivare i negoziati tra Palestina e Israele. La delicata riconciliazione, che partiva proprio dall’interruzione della costruzione di nuovi edifici, era fortemente voluta dal presidente Obama. La Casa Bianca, infatti, definisce il progetto di nuovi insediamenti ''in contrasto'' con gli impegni assunti da Tel Aviv per il processo di pace in Medio Oriente. Ma con la nuova manovra dell’esecutivo israeliano si sono riaperte le gare d’appalto. Gran parte degli alloggi si trovano in insediamenti ultraortodossi, tutti vicini a Gerulsalemme; 149 saranno costruite nella colonia di Har Gilo nel blocco di Goush Katif,vicino a Betlemme; 84 a Modiin Ilit, ad ovest di Ramallah; 76 a Givat Zeev, a nord di Gerusalemme; 25 a Kidar, nei pressi della colonia di Maale Adoumim, ad est di Gerusalemme; 20 nell'insediamento di Maskiot, nella valle del Giordano.

Mitchell per ora ha ottenuto dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu una moratoria, con lo slittamento della costruzione dei nuovi insediamenti di qualche mese, ma questo compromesso non basta nè all’amministrazione americana nè tanto meno alla Autorita' Nazionale Palestinese. E’ il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs a rendere nota la posizione americana: ''Come già detto in passato dal presidente, gli Stati Uniti non accettano la legittimazione di una continua espansione degli insediamenti. Chiediamo che vengano fermati''. Anche la reazione del negoziatore della ANP, Saeb Erekat è stata netta. Erekat ha definito la nuova autorizzazione edilizia “assolutamente inaccettabile” e ha affermato che la decisione “indebolisce la credibilità di Isreale come partner nel processo di pace”. Ha concluso poi che la decisione “è una sfida diretta agli Stati Uniti e agli sforzi internazionali per far ripartire i negoziati”.

Non sono mancate critiche dall’Unione Europea, che ha espresso la sua “più seria preoccupazione” poichè gli insediamenti sono illegali in base alla legge internazionale e costituiscono un ostacolo per la pace. L’Unione ha ribadito la sua richiesta ad Israele affinchè ponga immeditamente fine all’attività di insediamento.
Non si è fatta attendere una reazione da parte del governo palestinese. Mancano infatti solo due settimane al 25 Settembre, giorno previsto per la convocazione dell’Assemblea delle Nazioni Unite, giorno in cui il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu si sarebbero incontrati, sotto gli auspici del Presidente americano Barak Obama. Abbas ha infatti cancellato l’appuntamento a causa del nuovo progetto edilizio in Cisgiordania, affermando che non ci sarà nessun incontro nè ripresa dei negoziati fino a che proseguiranno le costruzioni di nuove abitazioni, e chiedendo un congelamento definitivo dei lavori.

Gli Stati Uniti confidano che Abbas possa cambiare idea davanti a una temporanea sospensione dei lavori; Mitchell chiederà infatti un intero anno di interruzione delle attività edilizie, mentre Netanyahu offre una sospensione di sei mesi. L’emissario del governo statunitense cerchera' il compromesso, anche in vista dell’incontro che avra' con Mahmoud Abbas durante il suo soggiorno in Medio Oriente per creare cosi' i presupposti per l’incontro.

11 settembre 2009

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