Alessandro Vanni
Testa a testa tra il presidente uscente e l'ex premier Moussavi.
Il voto – Aperti stamani i seggi per le elezioni presidenziali in Iran. Sono oltre 46 milioni gli iraniani chiamati a scegliere il capo dello Stato, tra quattro candidati: il presidente uscente, il conservatore Mahmoud Ahmadinejad, l'ex presidente del Parlamento, Mahdi Karroubi, il riformatore Mir Hossein Moussavi, e l'ex capo dei pasdaran, l’ultra-conservatore Mohsen Rezaei. Secondo fonti iraniane è attesa una partecipazione da record, per quelle che rappresentano elezioni molto importanti, in un momento molto difficile per l’economia iraniana, nonchè per la situazione politica della regione. La radio di Stato iraniana ha dato l’annuncio dell’inizio del voto per la decima elezione presidenziale dalla rivoluzione islamica del 1979.
E’ stato lo stesso Ayatollah Alì Khamenei ad invitare gli iraniani a votare: "Tutti vadano, tutti votino e agiscano secondo il loro giudizio", ha affermato Khamenei in vari interventi durante il telegiornale, invitando gli elettori a recarsi alle urne già dal primo mattino e ammonendo chiunque volesse creare tensioni dall’astenersi da qualsiasi gesto per permettere il corretto svolgimento delle operazioni di voto. Entro 24 ore dal termine del voto sono attesi i risultati definitivi, che, se non portassero nessun candidato alla maggioranza assoluta, farebbero scattare un turno di ballottaggio per venerdì prossimo, 19 giugno.
I candidati - La possibilità per i quattro contendenti di partecipare al voto era stata verificata dai dodici membri del Consiglio dei Guardiani, che avevano scartato anche altre 471 candidature.
Ahmadinejad - In testa ai sondaggi Ahmadinejad, che, al contario, in caso di sconfitta, sarebbe il primo presidente uscente a non essere rieletto. Ha incassato il sostegno dell’ayatollah Khamenei, anche se non senza titubanze, e ottiene riscontro sulla parte più povera della popolazione e sugli abitanti delle campagne, ma anche sui membri delle forze armate regolari e non, come la forza paramilitare dei basiji. Giocano poi un ruolo fondamentale le parole pronunciate dallo stesso Khamenei. Dopo aver affermato che non avrebbe indicato nessuno per il voto, meno di un mese fa ha invece rivolto un appello alla popolazione per non far eleggere un candidato filo-occidentale, che avrebbe consegnato il Paese nelle mani del nemico.
Moussavi - Il principale sfidante nel campo riformista è l'ex primo ministro iraniano Mir Hossein Moussavi, un uomo che torna sulla scena politica dopo un'assenza di 20 anni. Moussavi è sostenuto da Khatami e può contare sull’appoggio di un esponente politico fondamentale come l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani e numerosi altri ayatollah. Punta sulla riforma del sistema economico e sull'apertura dell'Iran al mondo con una politica estera meno anti-occidentale. Moussavi, che accusa il rivale di condurre una politica estera basata su “esibizionismo, estremismo e superficialità”, promette maggiori libertà civili, e gode di buona popolarità tra le classi medio alte e fra i giovani under 30, bacino importantissimo poichè rappresenta una parte considerevole dell’elettorato.
Karrubi - Molti esponenti del mondo riformista hanno preferito unirsi alla campagna dell'ex presidente del Parlamento Mehdi Karrubi, uno dei più duri critici di Ahmadinejad. La sua campagna si è basata sulla volontà di cercare una distensione con la comunità internazionale mentre, sul fronte dei diritti umani, ha preso una decisa posizione contro la pena di morte per i delitti commessi da minorenni.
Rezai - Ma il miglior alleato del fronte riformista è paradossalmente il candidato meno accreditato di vittoria, Mohsen Rezai, l'ex comandante dei Pasdaran. Rezai potrebbe attrarre voti dalle forze di sicurezza del regime e da quegli elettori dell'area reazionaria, scontenti però dell'attuale politica, populista in economia e avventurista in politica estera, dell'attuale presidente. Il risultato potrebbe essere di spaccare il fronte conservatore e impedire ad Ahmadinejad, una vittoria al primo turno.
I sondaggi – Come in ogni competizione elettorale ve ne sono di diversi e di segno opposto. Per la maggioranza degli analisti, il Presidente uscente ha forti possibilità di essere rieletto addirittura al primo turno, ma esiste un rischio concreto di vedersi costretto ad andare al ballottaggio, evento sempre rischioso in una competizione che si gioca molto sulle astensioni soprattutto del voto urbano e giovanile, elettori facili ad entusiasmarsi ma anche a restare a casa se non vedono elementi di svolta nella corsa presidenziale che celebra i 30 anni della rivoluzione khomeinista. Si tratta di un vero e proprio test politico per Ahmadinejad, dopo i quattro anni di governo durante il quale non sono mancate critiche, oltre che sul piano politico anche sulla gestione economica del paese, sempre più difficile a causa di una forte disoccupazione (arrivata al 12%) ma anche di una inflazione che non tende a scendere, e che supera il 25%. Su queste due percentuali gli altri candidati cercheranno di far capire che l’Iran rischia un vero collasso con Ahmadinejad al potere.
Secondo un altro sondaggio non ufficiale, proprio la drammatica crisi economica farebbe leva sulla popolazione, che chiede riforme strutturali e porterebbe Moussavi a vincere addirittura con oltre il 50% dei voti, facendo fermare Ahmadinejad sotto il 40%. La rimonta di Moussavi, ai cui comizi hanno partecipato migliaia di sostenitori, avrebbe convinto Khamenei a schierarsi apertamente. Come detto, più realisticamente è Ahmadinejad il favorito nella competizione, grazie anche all’apporto dei mezzi di comunicazione, televisione e radio di stato, nonchè dell’apparato pubblico che negli ultimi giorni di campagna elettorale si è prodigato nel distribuire enormi quantità di generi alimentari e buoni spesa per i meno abbienti.
Le accuse - Una volta completata la scelta dei candidati, il Consiglio dei Guardiani ha provveduto ad organizzare confronti televisivi che hanno letteralmente incollato davanti ai televisori gli elettori iraniani, che hanno assistito a ripetute e reciproche accuse di corruzione da parte dei candidati. Proprio prima della chiusura della campagna elettorale Rasfanjani si era appellato alla suprema guida iraniana, Khamenei, per auspicare regolarità nelle votazioni e chiedere di replicare alle accuse – a suo dire infondate – rivolte da Ahmadinejad, che insistevano su presunte corruzioni per screditare lui e di conseguenza il “suo” candidato Moussavi. Tuttavia Khamenei ha respinto le richieste, dichiarando più “opportuno il silenzio”.
Anche un altro attacco da parte del presidente uscente ha colpito Moussavi indirettamente, sotto forma di un’accusa lanciata alla moglie Zahra Rahnavard di aver ottenuto la laurea in maniera fraudolenta. Accusa respinta subito al mittente dalla donna, che ha anche minacciato di portarlo in tribunale per diffamazione. Quest’ultimo attacco è stato interpretato da diversi analisti come diretto al ruolo politico delle donne, visto il grande impegno profuso dalla moglie a favore del marito candidato.
Il futuro Presidente dell'Iran dovrà quindi confrontarsi con una serie di fattori diversi. Sul piano interno dovrà fronteggiare la dilagante crisi economica ma anche sapersi destreggiare tra le componenti più influenti del Paese, dalle forze armate al clero sciita. Inoltre andrà rafforzato - o ripensato completamente - il difficile posizionamento politico internazionale, aspetto, quest'ultimo, che vede molti osservatori interessati ad attendere.
12 giugno 2009