Angelo Valsesia
La Repubblica Islamica d'Iran ha risposto al messaggio del Presidente statunitense Obama chiedendo cambiamenti pratici nelle politiche americane. Di conseguenza, le autorità iraniane hanno apprezzato il messaggio e non hanno chiuso alcun canale per un miglioramento delle relazioni bilaterali. Il principale aspetto sottolineato dalle autorità iraniane non riguardava solo il messaggio di per sé, ma è stata aggiunta la necessità di riscontri in azioni concrete. Questo è, in sostanza, il punto che i leader iraniani hanno rilasciato durante le interviste: dal Ministro dell'Energia Parviz Fattah all'Ayatollah Ali Khamenei.
Sabato scorso, il Supremo Leader Religioso ha dichiarato che “loro usano lo slogan del cambiamento, ma in pratica nessun cambiamento è stato visto” e “non abbiamo visto ancora alcun cambiamento”.
Una delle questioni fondamentali risale al 1979, quando un gruppo di studenti iraniani occupò l'ambasciata americana a Teheran tenendo in ostaggio 52 americani per 444 giorni. In reazione all'incidente, Washington congelò i beni iraniani negli Stati Uniti. La diplomazia iraniana sta dunque chiedendo cambiamenti concreti nel comportamento statunitense, ad esempio restituendo i beni di cui sopra.
Un'altra questione-chiave, dal punto di vista iraniano, per un pieno impegno collaborativo nelle relazioni internazionali (e, soprattutto, nei rapporti con gli Stati Uniti) riguarda il 'mutuo rispetto' (specialmente per le questioni domestiche – e questo significa soprattutto il programma nucleare); dunque, la diplomazia iraniana rimarrà cauta fino a quando questo concetto non verrà manifestato attraverso azioni concrete dei diplomatici americani.
Ponendo i termini della questione, la diplomazia iraniana punta ad ottenere quanto più possibile dal nuovo corso delle relazioni internazionali statunitensi intraprese da Obama.
In sostanza, così come Obama ha intelligentemente e strategicamente rilasciato il messaggio di apertura (muovendo il primo passo al fine di ricucire le relazioni) per sondare la disponibilità del terreno politico-diplomatico iraniano – allo stesso modo, le autorità iraniane vogliono comprendere quanto il nuovo corso di Obama sia credibile e veritiero.
In questo momento il gioco diplomatico tra i due attori è giocato più sulla sua forma che sui suoi contenuti (che rimangono ancora troppo 'caldi' per poterne discutere direttamente e apertamente). Entrambi gli attori conoscono i rispettivi interessi e le mutue frizioni, ed in questo momento stanno cercando il modo meno sconvolgente per poterne discutere. Entrambe le parti sembrano voler costruire nuove, serie e costruttive discussioni, ma – specialmente dal punto di vista iraniano – non vogliono perdere troppo dalle loro rispettive posizioni di forza.
Infine è utile ricordare che per il prossimo giugno sono fissate le elezioni presidenziali. La discussione sulle relazioni tra Washington e Teheran potrebbero giocare un importante ruolo durante la campagna elettorale e questo potrebbe spiegare perché il Presidente Ahmadinejad non abbia rilasciato ancora alcuna dichiarazione a riguardo del messaggio di Obama. Questa strategia del "ping-pong" di chiedere reciprocamente azioni concrete per iniziare un effettivo cambiamento è probabilmente fatta per guadagnare tempo: dal lato americano, per sondare la disponibilità iraniana e per riaprire – senza azioni avventate, ma sulla base proprio della disponibilità rilevata – canali diplomatici; dal lato iraniano, per evitare che le relazioni bilaterali diventino la "chiave di volta" della campagna elettorale e per evitare di concedere troppo nelle trattative, fatta salva la disponibilità americana.
Lo stesso fatto che l'Ayatollah Ali Khamenei sia stato il primo a rilasciare una dichiarazione, potrebbe significare che è lui l'uomo politico che prende le decisioni importanti, ovvero l'attore interno cui la diplomazia americana deve fare riferimento, ma potrebbe anche essere interpretato come un modo per evitare che si influenzi la prossima campagna elettorale ed il risultato elettorale.
23 marzo 2009