Emanuela Ulivi
Ad oltre sessant’anni dall’indipendenza del Libano, nel 1943, il 16 marzo ha aperto la prima ambasciata libanese in Siria, che segue l’apertura ufficiale nell’ottobre scorso delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Anche la Siria a dicembre ha aperto la sede della propria delegazione diplomatica a Beirut, ma mentre Michel Khoury sta terminando il mandato a Cipro e ad aprile prenderà le redini della rappresentanza diplomatica libanese, la Siria non ha ancora nominato il proprio ambasciatore. Un evento storico quindi che testimonia al contempo il livello di normalizzazione - con la Siria che ha considerato fino a poco tempo fa il Libano parte del proprio territorio- delle relazioni tra i due Paesi confinanti.
Lo scambio di rappresentanze diplomatiche è il frutto dello sforzo della Francia di aprire un capitolo nuovo in Medio Oriente e di riallacciare i rapporti con la Siria (alleata dell’Iran), culminato col rilancio del Processo di Barcellona e l’inaugurazione nel luglio del 2008 a Parigi dell’Unione Per il Mediterraneo, evento al quale, tra i 40 rappresentanti di stato, oltre ad Israele, sono stati invitati i presidenti di Siria e Libano, che all’ombra dell’Eliseo hanno deciso di aprire nuove relazioni diplomatiche. Per la Siria l’evento ha segnato di fatto la fine dell’isolamento internazionale –capolavoro del presidente Sarkozy e in controtendenza rispetto al predecessore Chirac- e dall’altra il riavvicinamento al Paese dei Cedri, nel quale aveva mantenuto la propria presenza militare per quasi tre decenni ed esteso la sua tutela per 15 anni fino al 2005 quando, sull’onda della Rivoluzione dei Cedri seguita all’assassinio del premier libanese Rafik Hariri, aveva dovuto ritirarsi.
La nuova pagina che si e’ aperta tra il Libano e la Siria però e’ ancora in larga parte da scrivere. Nell’attuale maggioranza libanese molti sono convinti che la Siria sia in qualche modo implicata nell’assassinio di Hariri e reputano una grande vittoria politica l’apertura il primo marzo scorso all’Aja, del Tribunale Speciale per il Libano dell’Onu che giudicherà, una volta conclusa l’inchiesta, gli imputati dell’assassinio di Hariri e delle altre vittime di attentati, tra le quali deputati e giornalisti antisiriani.
Dall’altra, pur avendo la Siria ritirato le truppe dal Libano, (anche se l’Onu relazionando sull’esecuzione della risoluzione 1559, non ha potuto certificare il ritiro dei servizi segreti siriani che pur in borghese appartengono alle forze armate), ci sono altre questioni in sospeso. Nonostante le intenzioni dichiarate, alcune parti del confine tra i due Paesi debbono essere ancora tracciate. La Siria inoltre continua a sostenere Hezbollah, il Partito di Dio, che dopo la guerra del 2006 si è rafforzato militarmente, vantando ora un arsenale più consistente fornito dall’Iran e transitato dalla Siria, ma anche sul piano politico. L’accordo di Doha del maggio 2008, seguito agli scontri sanguinosi tra i militanti di Hezbollah e Amal e alcune fazioni della maggioranza, ha infatti dato all’opposizione –cui partecipano anche i cristiani del generale Aoun e di Sleiman Frangieh- il potere di veto che desiderava in seno ad un governo di unità nazionale.
Tra le rassicurazioni degli Stati Uniti che l’apertura di nuove relazioni con la Siria non sara’ a scapito della sovranità del Libano (la neutralità della Siria durante la prima guerra del Golfo significò per il Libano l’inizio della tutela siriana), ribadite nei giorni scorsi dagli inviati del presidente Obama a Damasco, Jeffrey Feltman (ex ambasciatore in Libano) e Daniel Shapiro, e mentre Hezbollah e Amal hanno già avvisato che chiunque vinca si procederà ad un nuovo governo di unità’ nazionale, in continuità rispetto all’attuale ottenuto a Doha, in Libano è iniziata la campagna elettorale per le legislative del 7 giugno prossimo. Con esponenti della maggioranza aperti ad un ingresso dell’opposizione nel governo ma indisponibili a rinnovarle il potere di veto e quindi sensibili a tutte le affermazioni che provengono da Damasco.
20 marzo 2009