Jacopo Salvadori 

E’ scontro tra il governo libico e le maestranze del gasdotto di Nalut, quello che collega il giacimento di Wafa agli impianti di Mellitah, dove dalla fine di ottobre si lavora a ritmo ridotto per le rimostranze della minoranza berbera degli Amazigh che chiedono maggiori diritti. 

Senza stipendio da dieci mesi, i lavoratori hanno dato inizio a una lunga serie di proteste culminate ieri con lo stop dell’attività del gasdotto e nonostante la disponibilità del governo ad intavolare una trattativa, i lavoratori continuano a scioperare.

Il mercato del gas non è l’unico a subire perdite in Libia. Anche il settore petrolifero è in forte crisi: da una produzione di 1,6 milioni di barili al giorno dell’era Gheddafi, la Libia è scesa oggi a circa 250mila barili. Una delle cause è lo sciopero nazionale delle guardie di sicurezza dei principali impianti del Paese - come Ras Lanuf, Sidra e Zuetina - che chiedono dallo scorso luglio al governo l’aumento dei salari, migliori condizioni di lavoro e l’assegnazione di una quota maggiore delle esportazioni. 

Per gli osservatori però la vera natura dei disordini è strettamente politica. Dietro alle proteste dei lavoratori si nasconderebbe infatti il tentativo da parte dei federalisti di fare pressione sul premier Zeidan per ottenere l’indipendenza della Cirenaica, regione orientale del Paese. I manifestanti stanno sfruttando anche il malcontento generale nei confronti del governo che nei mesi scorsi, secondo l’opinione pubblica, ha venduto all’estero, sottobanco, ingenti quantità di greggio, aggravando la crisi economica del Paese.

Proprio il leader della rivolta, Ibrahim Jadran, ex rivoluzionario e oggi a capo delle guardie di sicurezza dei maggiori stabilimenti petroliferi della Libia, giusto pochi mesi fa è stato nominato capo dell’Ufficio Politico Autonomo della Cirenaica e ha proclamato l’autonomia della regione alla fine di ottobre 2013.

Difficile che la situazione si risolva in poco tempo, visto che tutti i tentativi del premier Zeidan, che si è recato più volte in Cirenaica negli ultimi mesi, sono falliti. L'ultima proposta è stata un aumento dei salari dei lavoratori del settore del 67%, altrimenti sarebbe intervenuto con la forza. Ma Jadran non ha ceduto e ha annunciato che i terminal dell'area rimarranno comunque chiusi.

6 Gennaio 2014

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