Emanuela Ulivi
E’ il primo partner commerciale in Europa e terzo nel mondo dopo la Cina e gli Stati Uniti, con 1,2 miliardi di dollari di export nel 2009 e 576 milioni nei primi 5 mesi del 2010, pari ad un incremento del 27,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Incontrastato da decenni (fatta eccezione per il 2006, anno della guerra tra Israele ed Hezbollah), il primato del “Made in Italy” nel Paese dei Cedri, dove il 29 giugno scorso si è tenuto il primo Forum Italia-Libano che ha fatto incontrare 126 delegati (la missione più numerosa di imprenditori mai arrivata in Libano) di 84 imprese italiane, rappresentativi di 39 settori produttivi, coi 238 rappresentanti di 206 aziende libanesi.
Al Four Seasons Hotel, davanti al mare di Beirut, oltre 500 gli appuntamenti vis-a-vis tra imprenditori pubblici e privati dei settori delle costruzioni e infrastrutture, materiali e tecnologie per l’edilizia, ambiente, energia tradizionale e rinnovabile, attrezzature per hotel, ristorante e catering, prodotti chimici e farmaceutici, macchinari per carta, cartotecnica, plastica, lavorazione alimenti, imballaggio, agricoltura (comprese le attrezzature per l’irrigazione), mobili per interni ed esterni. Ma anche dei settori bancario, informatico, dei servizi, della logistica e infrastrutture turistiche.
L’iniziativa è stata promossa dall’Istituto nazionale per il Commercio estero –rappresentata dal direttore generale Massimo Mamberti- e dal Ministero degli Esteri, in collaborazione col Ministero dello Sviluppo Economico, Unioncamere e Promos (l’agenzia della Camera di Commercio di Milano che ha firmato a margine del Forum un accordo di cooperazione economica con la Camera di Commercio, dell’Industrie e dell’Agricoltura di Beirut e del Monte del Libano). Perché il Libano, oltre ad apprezzare i marchi italiani, pur essendo un Paese di soli 4 milioni di abitanti, esprime, lo ha sottolineato il ministro libanese dell’Economia, Mohammad Safadi, un grande potenziale, innanzitutto sotto il profilo dei consumi grazie al turismo.
Il 2009 infatti, con 1,8 milioni di turisti, ha assestato –in termini percentuali- il Libano in testa alla classifica mondiale con un +39% e nell’anno in corso si prevede un incremento del 30%, equivalente a 8 miliardi di dollari di PIL contro i 7 dell’anno scorso, stando alle stime del ministro del Turismo Fadi Abboud, che, mentre sono in esecuzione investimenti nel turismo per 3 miliardi di dollari, ha anche avanzato la possibilità che nel 2014 i turisti arrivino a 10 milioni.
Il turismo –come l’immobiliare e i servizi finanziari- è uno dei pilastri della crescita economica attestatasi al 9% nel 2008 e all’8% nel 2009, cifra quest’ultima che il Fondo Monetario Internazionale prevede anche per l’anno in corso prefigurando una delle migliori performance al mondo. Di contro, un debito consolidato di 50 miliardi di dollari (la crescita ha permesso di abbassare il tasso di indebitamento dal 180% del 2006 al 148% del 2009) che è finanziato in larga parte dalle banche, il peso delle quali è tre volte il PIL: i depositi bancari sono lievitati del 20% all’anno grazie ai trasferimenti della diaspora nell’ordine di 6/7 miliardi di dollari all’anno, pari al 22% del PIL, e ai capitali affluiti nelle banche libanesi per mancanza di diverse opportunità di investimento. Una relativa stabilità politica seguita alla nomina nel 2008 del presidente della repubblica Michel Sleimane, ha creato le condizioni di questa ripresa che ha messo il Libano al riparo sia dalla crisi mondiale che dalla crisi dell’euro. E’ questo il momento, come sostiene la ministra delle Finanze Raya el-Hassan, di approfittarne per aumentare il potenziale economico del Paese e mettere mano alle infrastrutture. E per dare slancio all’economia reale di un Paese che resta dipendente per quasi il 50% dall’import (l’export verso l’Italia ad esempio ammonta a soli 10 milioni di dollari).
Ci sono quindi le condizioni per attrarre investimenti, che possono godere di agevolazioni, invito questo reiterato al Four Seasons Hotel da Nabil Itani, presidente dell’IDAL, l’Agenzia per lo Sviluppo degli Investimenti della Presidenza del Consiglio libanese, (che pochi giorni prima aveva firmato un accordo col presidente dell’ICE Umberto Vattani) agli imprenditori italiani del Forum Italia-Libano. Il primo evento del genere, la cui portata l’ambasciatore Gabriele Checchia ha allargato all’ambito degli investimenti tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo tra i quali il Libano si configura come la porta di accesso verso tutto il Medioriente. Prospettiva nella quale si colloca la missione del vice Ministro allo Sviluppo economico con delega al Commercio estero, Adolfo Urso, arrivato a Beirut il 25 giugno insieme al presidente dell’ICE e a quello della Simest (Società italiana per le Imprese all’Estero) Giancarlo Lanna, alla testa di una delegazione di 100 imprese e 172 operatori Italia-Libano, che hanno proseguito per Amman dove il 27 si è tenuto il Forum Italia-Giordania (L’Italia è il secondo fornitore commerciale tra i Paesi UE del regno hashemita dopo la Germania, per un ammontare di 403,9 milioni di euro nel 2009, con un incremento del 23% nei primi mesi del 2010. Alcune imprese italiane sono già impegnate in opere infrastrutturali pubbliche; l’interesse dell’Italia è rivolto anche agli ambiti dell’energia, dei trasporti, in particolare quello ferroviario, con uno sguardo anche all’Iraq).
Uno scenario “oltre i confini geografici” - che le prossime Zone di Libero Scambio in Libano agevoleranno non meno della rete ferroviaria che si sta riprogettando sui lunghi percorsi - che grazie alla diaspora assume un’ampiezza globale, evocata dall’ambasciatore Checchia, cui il Libano deve guardare. Nel quale l’Italia ci sarà, con le sue piccole e grandi aziende.
02 Luglio 2010