Emanuela Ulivi 

L’11 dicembre si riunirà il nuovo parlamento eletto sabato scorso dopo quello che il politologo Salah Al-Fadhli ha definito uno “tsunami”. L’opposizione ha guadagnato 24 seggi su 50; sorprendente la performance delle tribù minori. Tante le facce nuove e i giovani. Molti i cinquantenni, dieci hanno tra i 30 e i 39 anni. Solo 20 dei parlamentari uscenti, dei 42 che si erano candidati, sono stati rieletti, in calo gli esponenti delle tribù beduine più importanti e degli sciiti che hanno pagato le loro divisioni interne. Tra i deputati confermati l’ex presidente dell’Assemblea e l’ex ministro delle comunicazioni Essa Al-Kandari.

Su 14 candidate solo una donna è stata eletta, Safa Al Hashem, 52 anni, al suo terzo mandato. 

Con questo voto il popolo kuwaitiano ha in sostanza espresso il suo dissenso nei confronti delle politiche di austerity del governo che, come altre monarchie petrolifere, deve affrontare la crisi economica dovuta al calo del prezzo del greggio. Problemi come l’inflazione, la casa, il rafforzarsi del confessionalismo e del tribalismo, soprattutto il rialzo dei prezzi, dalla benzina alle spese scolastiche, hanno spinto i kuwaitiani ai seggi. L’affluenza ha infatti raggiunto il 70% (i kuwaitiani sono il 30% della popolazione dell’emirato che conta 4,4 milioni di abitanti), 483.000 i votanti, comprese le donne che hanno diritto di voto dal 2005 e sono entrate in parlamento nel 2009. 

Il Kuwait, che non esige tasse ed elargisce ai cittadini i servizi essenziali, dopo anni di segno più ha registrato per la prima volta nel 2015 un deficit di bilancio dovuto alle turbolenze del mercato del petrolio. I ricavi petroliferi, che costituiscono il 95% delle entrate statali di un Paese membro dell’Opec e detentore del 7% delle riserve mondiali con una capacità di tre milioni di barili al giorno, sono scesi in picchiata negli ultimi due anni fino al 60%. E anche se le eccedenze di bilancio hanno accumulato riserve per 565 miliardi di euro - investiti dai fondi sovrani del Kuwait negli Stati Uniti, in Europa e in Asia - il prossimo esercizio finanziario si prevede sarà ugualmente in perdita.

Sulle misure di austerity dell’esecutivo, in particolare il rialzo dei prezzi dei prodotti petroliferi fino all’80%, che avevano lo scopo di ridurre i sussidi, stimolare gli introiti non derivati dal petrolio e ripianare il deficit di bilancio che ammonta a 15 miliardi di dollari dopo 16 anni di attivo, si è consumata la frattura col parlamento, la cui maggioranza ha detto no, spingendo l’ottantasettenne emiro, S.A. Sheikh Sabah al-Ahmad Al-Sabah, a sciogliere il parlamento il 16 ottobre scorso e a indire le elezioni. Anticipate, visto che la scadenza naturale dell’assemblea sarebbe stata nel 2017.

Il popolo kuwaitiano ha chiesto quindi un cambio di passo (tra le vittime illustri di questa consultazione l'ex ministro dei lavori pubblici Ali Al-Omair, l’ex ministro della giustizia e degli affari islamici Yacoub Al-Sane e il vice presidente del parlamento Mubarak Al-Khrainej), e toccherà ora alla politica dare delle risposte. Politiche e istituzionali. A differenza di altri stati del Golfo, l’Assemblea del Kuwait, il primo Paese a dotarsi di un sistema parlamentare nel 1962, esercita un potere reale di controllo sul governo e sui ministri. Il rapporto tra questi due poteri, quello legislativo e quello esecutivo, sarà perciò determinante per la stabilità politica dell’emirato. 

L’opposizione si sta già attrezzando ed è prevista una riunione delle varie formazioni in settimana. Perse nelle urne figure importanti quali Mubarak Al-Waalan, Salem Al-Namlan, Hussein Al-Mutairi e Hamad Al-Matar, le forze dell’opposizione che siederanno nell’Assemblea sono costituite per lo più dai nazionalisti, dai liberali, dai gruppi islamisti che si sono candidati dopo aver boicottato le elezioni a dicembre 2012 e a luglio 2013 in segno di dissenso contro la riforma della legge elettorale. Tra questi i Salafiti legati all’opposizione, mentre quelli filogovernativi che avevano 6 seggi sono spariti, e il Movimento Costituzionale Islamico legato ai Fratelli Musulmani (da ricordare che in Kuwait, pur previsti dalla Costituzione, non ci sono partiti politici, sono presenti tuttavia delle formazioni politiche assimilabili ai partiti) forte ora di 6 seggi da uno che ne aveva. 

Come prevede l’articolo 57 della Costituzione, a seguito delle elezioni legislative ci sarà un nuovo governo, per formare il quale S.A. l’Emiro ha incaricato il premier uscente, Sheikh Jaber Mubarak Al-Sabah, che giusto lunedì si era dimesso. Il nuovo esecutivo – 16 ministri - dovrà essere completato prima della riunione del nuovo parlamento. La stampa fa sapere che ci si aspetta che nella nuova composizione della compagine governativa si tenga conto dei risultati delle elezioni e del peso ora assunto dall’opposizione, pur se il gruppo liberale dell’Alleanza Democratica Nazionale ha già fatto sapere che non parteciperà.

Altro banco di prova per i nuovi equilibri sarà poi la nomina del presidente del parlamento, posto per il quale ha già avanzato la candidatura il deputato dell’opposizione Shuaib Al-Muwaizri, come aveva promesso in campagna elettorale, e al quale aspirano Abdullah Al-Roumi e Mohammad Al-Mutair, anche loro appartenenti all’opposizione.

30 novembre 2016

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