Intervista di Alessandro Vanni
Una grande voglia di conoscere e di aprirsi al mondo, caratterizza gli studenti della Kuwait University dove da oltre un anno insegna Giovanna Potestà, architetto fiorentino e socia dell'Associazione Italia-Kuwait. "Insegno alla Facotà di Ingegneria dell'Università del Kuwait - risponde da Kuwait City, dove si trova attualmente - dove sono stata selezionata due anni fa come docente. Il mio insegnamento comprende Architecture Design, Urban Design e Storia dell’Architettura. Ogni semestre insegno queste materie, divise in specifiche discipline a studenti di corsi livelli".
Come valuta il sistema di insegnamento kuwaitiano?
"Il sistema universitario è basato sull’ordinamento e la normativa americani e la lingua ufficiale è l’inglese. Lo scorso inverno la Facoltà è stata oggetto di valutazione da parte dal National Architectural Accreditation Board, e se il risultato, che ancora non conosciamo sarà positivo, l’Università otterrà la sostanziale equivalenza a qualsiasi Università americana accreditata dal NAAB. Già in passato avevo insegnato in alcune Università americane di Firenze e avevo quindi familiarità con il sistema americano. Ho insegnato anche alla Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze, riscontrando delle differenze rilevanti”.
E' stato difficile per lei ambientarsi in un Paese del Golfo come il Kuwait?
“Il mio primo semestre alla Kuwait University è stato abbastanza febbrile, perchè dovevo trovare una sistemazione, completare la documentazione necessaria, e, in contemporanea preparare i corsi per gli studenti. In quel periodo ho incontrato molte persone, estremamente gentili, che mi hanno aiutato ad ambientarmi invitandomi a prendere parte alla loro vita sociale, e costringendomi a indossare una taglia più grande dopo una serie di pranzi, cene e feste. Mi sono ritrovata in un mondo completamente diverso senza neanche rendermene conto, ma non ho vissuto quello shock culturale che molti dei miei concittadini italiani avevano preconizzato. Non dico che non vedo le differenze culturali, esistono e sono molte. Qualche volta non è facile, per un occidentale, comportarsi in una maniera che è estranea alla sua cultura. Nello stesso tempo, ho provato a capire certe abitudini, e ho trovato una certa somiglianza con la cultura italiana di una o due generazioni fa. Comunque, anche quando non riesco a capire le usanze locali fino in fondo, cerco di rispettare la cultura del paese che mi ospita senza cancellare la mia identità italiana".
Che ci può dire degli studenti kuwaitiani?
“Gli studenti hanno le stesse aspettative, curiosità ed energia di tutti gli studenti universitari. Alcuni sono più conservatori, altri meno. Ogni anno aumentano le ragazze che indossano il velo o l’abbaya che le ricopre dalla testa ai piedi. Ma posso assicurare che l’esuberanza del carattere o la timidezza non sono in relazione con gli abiti. Ragazzi e ragazze devono ancora rispettare le regole di separazione, non possono condividere le stesse classi, gli stessi servizi e strutture. Questa divisione da un lato non è condivisa da alcuni studenti e dalle loro famiglie, mentre costituisce una necessità per altri. La conseguenza è che, mentre i professori sono liberi di usufruire di tutti i servizi, alcuni studenti non possono accedere ad alcune aree, che sono previste nel campus adibite o ai ragazzi o alle ragazze. Inoltre la religione è fortemente connessa con la vita di tutti i giorni e, diversamente dalla religione cattolica, pregare non è considerata una pratica desueta. La maggior parte dei miei studenti è religiosa e quindi sono previsti tempi e spazi specifici per pregare.”
In che modo questa religiosità influisce sull'atmosfera culturale dell'Università?
"Uno degli aspetti che mi hanno molto sorpresa, abituata com'ero al clima culturale ristretto dell'ambiente accademico italiano, è stata proprio l'atmosfera che si respira nell'Università: molto internazionale ed incredibilmente orientata verso il mondo intero. Gli studenti hanno una grande curiosità di conoscere il mondo, un profondo desiderio di capire, di avvicinare culture e abitudini diverse dalle loro. Se dovessi riassumere in una parola che cosa mi piace di più dei miei studenti kuwaitiani direi proprio la curiosità, che è un'aprire la mente al futuro, guardare agli altri, cercare di capire, senza dimenticare la propria cultura e i propri valori".
16 luglio 2010