Letizia Mancini
KUWAIT- La settimana scorsa la Corte Costituzionale del Kuwait ha respinto la richiesta avanzata dal deputato islamista Hamad Abdulaziz Al-Nashi di annullare l’elezione di due deputate per il loro rifiuto di indossare il velo islamico, l'hijab.
Hamad Abdulaziz Al-Nashi aveva denunciato due delle quattro parlamentari elette, Asil Al-Awadhi e Rula Dashti che, non indossando il velo durante la loro attività politica fuori e dentro l'aula, violavano a suo dire la legge coranica.
Ma il presidente della Corte Costituzionale Yussef Ghanam al-Rashid ha affermato che “La sentenza è definitiva e inappellabile, che il testo di legge non è specifico in materia, e che la costituzione esplicitamente garantisce la libertà personale senza discriminazioni di sesso o di religione”.
"Non è una vittoria personale ma una vittoria della costituzione," ha commentato la deputata Al Awadhi, sottolineando che "indossare o meno il velo non incide sulla qualità delle prestazioni politiche”.
Questa sentenza segue a distanza di dieci giorni un precedente verdetto della Corte Costituzionale kuwaitiana che deliberava la concessione alle donne maggiorenni del "diritto di acquisire un passaporto e viaggiare all'estero senza previa autorizzazione scritta da parte dei loro coniugi".
Nel 2005 le donne hanno acquisito il diritto di voto e per la prima volta nella storia del Kuwait, quattro deputate sono state elette alle elezioni parlamentari tenute lo scorso maggio.
L’elezione delle deputate, la libertà di non indossare il velo in parlamento, la libertà di ottenere autonomamente il passaparto, sono episodi chiave che hanno indotto vari giornalisti a coniare il termine “rivoluzione rosa” per sottolineare un momento di svolta e cambiamento della vita politica e civile per le donne kuwaitiane.
4 novembre 2009