Donatella Mercanti
Non lontano dai resti archeologici romani di Largo Argentina, un piccolo gioiello di cultura vive in viale di Trastevere 89, è il PISAI, Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica. Don Valentino Cottini, biblista di formazione e professore ordinario di Teologia Musulmana, ne è Preside da agosto 2012 e ci aspetta sulla soglia del portone principale per accoglierci e spiegare cosa si studia, che tipo di ricerche si fanno in questa Istituzione Accademica Pontificia.
A Roma è tornato il sole che illumina la sede situata in un palazzo antico. “Questo nome, PISAI, risale al 1979, ma ha una lunga storia che rimonta alla prima metà del Novecento e che riflette le vicissitudini di quel momento storico e culturale. Fu fondato nel 1926 nei pressi di Tunisi, dai Missionari D’Africa, i ‘Padri Bianchi’, ‘Pères Blancs’, ‘White Fathers’, come erano chiamati dal popolo, a causa del loro vestito candido di foggia arabeggiante. Da allora ha cambiato diversi nomi e diverse sedi. Nel 1964, per problemi contingenti, l’Istituto incontra difficoltà a permanere in Africa e si trasferisce in Europa. Durante il Concilio Vaticano II°, viene invitato a Roma. Dapprima pone la sede in Viale XXX Aprile, sulle pendici del Gianicolo, poi si sposta nel palazzo di S. Apollinare – dove forse vive il suo periodo più glorioso – e nel 1990 trova la sua collocazione attuale in Viale di Trastevere. A partire dal 2009, per volere esplicito di Papa Benedetto XVI, l’amministrazione del PISAI dipende direttamente dalla Santa Sede”.
“La nostra è una istituzione piccola, ma prestigiosa e molto apprezzata a livello accademico e interreligioso per i nostri studi specialistici sulla religione musulmana”, racconta Don Valentino.
“Quando era situato a Tunisi, l’Istituto doveva formare e preparare i missionari cristiani che avevano contatti con il mondo musulmano soprattutto nel Nord Africa: il suo compito era di fornire gli strumenti religiosi e culturali per incontrare, con cognizione di causa, la popolazione araba, di religione islamica, e poter veramente dialogare con loro inculturandosi nell’ambiente. La finalità, che ancora oggi è rimasta imperativa per l’Istituto, è di formare persone aperte al dialogo. Non solo al dialogo vitale, fatto di rapporti interpersonali quotidiani, ma anche a quello specificamente teologico, mediante una formazione di carattere scientifico, dotata di strumenti linguistici (la lingua araba in primo luogo) e concettuali, capaci di introdurre in profondità nella cultura e nella religione musulmane. Le persone che sono formate al PISAI dovrebbero essere capaci di verificare testi e fonti e quindi di scorgere i veri punti di incontro tra cristiani e musulmani”, continua a spiegare Don Valentino. “Ci piacerebbe, insomma, che dal nostro Istituto uscissero persone con una ‘testa ben fatta’, per citare Edgar Morin, capaci di vera riflessione critica sui principi religiosi e di vero, aperto, dialogo con gli altri, una necessità nella nostra società contemporanea”.
L’Istituto è specialistico e si articola su due cicli: la licenza e il dottorato in studi arabi e islamistica. L’accesso è aperto a tutti, religiosi e laici, che abbiano comunque alle spalle una laurea e/o una solida preparazione umanistica e di teologia cristiana. Il ciclo della licenza è strutturato su tre anni, con frequenza obbligatoria: cinque ore ogni mattina per cinque giorni alla settimana di studio dell’arabo letterario per i primi due anni, completati da due richiami settimanali pomeridiani su temi di islamistica. Il terzo anno della licenza è più “leggero”: cinque ore al mattino per tre giorni alla settimana di studio su testi musulmani in arabo e produzione di una tesi finale su un testo arabo tradotto e commentato. Da qualche tempo, il primo anno del ciclo di licenza viene svolto al Cairo, in collaborazione con l’Istituto Dar Comboni gestito dai Padri Comboniani.
“Se ci chiediamo il perché di tanta insistenza sull’arabo, la risposta è presto detta: vogliamo che i nostri studenti non parlino ‘per sentito dire’, ma siano in grado di controllare e di comprendere i testi fondamentali dell’Islam, quelli classici in particolare, come il Corano, i hadith (cioè i detti di Muhammad che costituiscono la tradizione profetica o Sunna), i tafsir (cioè i commenti coranici antichi e moderni) e le opere principali degli autori musulmani che scrivono in arabo. Insomma, si tratta della finalità di cui abbiamo parlato poco fa: comprendere l’Islam dal suo interno, cioè dalla lingua principale in cui si è espresso e sulla quale si è costruito. Si può intuire così anche la modalità dello studio dell’arabo che noi proponiamo: è l’arabo letterario, indispensabile per poter comprendere l’Islam. Per questo non possiamo definirci una normale scuola di lingua. Altre strutture possono svolgere questo compito meglio di noi”.
Il ciclo del dottorato segue linee proprie: solo gli studenti migliori vi possono accedere e il percorso è molto personalizzato. Oltre a questi due cicli, che costituiscono l’ossatura del PISAI, l’Istituto offre anche un corso di introduzione all’Islam e un corso di iniziazione alla lingua araba.
È molto interessante ascoltare il preside del PISAI, che svolge qui e in altre strutture accademiche anche attività di insegnamento. “Il nostro obiettivo, continua don Cottini, è essenzialmente religioso e in questo campo specifico intendiamo raggiungere l’eccellenza, lasciando a altre istituzioni campi altrettanto importanti ma non nostri, come, per esempio, la sociologia, l’economia o la politica”.
Alla domanda su professori e studenti, il preside risponde: “I nostri professori sono religiosi e laici, europei e arabi, cristiani e musulmani. Il metodo da noi usato per l’insegnamento non consente un alto numero di studenti. Sono normalmente una cinquantina l’anno, spalmati sui due cicli principali e sulle introduzioni. Si tratta in maggioranza di preti, religiosi e religiose ma sono presenti anche laici interessati al nostro metodo e ai nostri obiettivi. Tra i laici figura un buon numero di professionisti e di giornalisti, che desiderano essere informati con obiettività sull’Islam. Tra l’altro, stiamo mettendo a punto un network per tenerci in contatto con i nostri ex studenti sparsi in tutto il mondo, alcuni dei quali hanno ricoperto o ricoprono incarichi importanti e di prestigio, come, ad esempio, Mons. Gabriele Caccia, attuale Nunzio in Libano o Mons. Michael Fitzgerald, che è stato preside del Pisai, segretario e presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Nunzio in Egitto e presso la Lega Araba. Tra le persone più note che hanno insegnato e continuano a collaborare con noi, non posso non citarne almeno due: il P. Maurice Borrmans, assai conosciuto nel mondo del dialogo islamo-cristiano, e il P. Michel Lagarde, premio Unesco per la cultura araba e vincitore con una sua opera recente, Les secrets de l’invisible, di un premio della Repubblica Islamica dell’Iran”.
“Il cuore dell’Istituto, prosegue don Valentino, è costituito dalla biblioteca, situata in una precedente chiesa, la più fornita in Italia di libri e riviste sull’Islam e sul dialogo islamo-cristiano, ricca di circa quarantamila volumi e frequentata da studenti e ricercatori di tutto il mondo. L’attività del Pisai si esplica anche nel campo della ricerca con contributi autonomi: tre riviste e una collana. Le tre riviste coprono target diversi. La più importante, Islamochristiana, annuale, fornisce articoli scientifici di specialisti di tutto il mondo e una panoramica sugli incontri tra cristiani e musulmani lungo il corso dell’anno; Etudes Arabes, semestrale, offre la traduzione a opera di specialisti, con testo arabo a fronte, di contributi interessanti su temi importanti di islamistica ed è destinata soprattutto agli studenti; Encounter, dieci articoli l’anno, è di carattere più divulgativo. La collana “Studi arabo-islamici del Pisai” pubblica opere importanti di professori del Pisai o a esso collegati”. “Il nostro Istituto, conclude don Valentino Cottini, è aperto alla collaborazione con altre istituzioni accademiche ma offre anche degli eventi aperti a tutti, come, per esempio, i cicli annuali di conferenze pubbliche. Anche il ciclo di quest’anno è stato estremamente interessante. Mi limito a citare le ultime due, bellissime. In aprile la prof.ssa Leili Anvar, iraniana che insegna a Parigi, ha illustrato e interpretato magistralmente una magnifica opera mistica medievale, Le cantique des oiseaux e in maggio Sua Eccellenza mons. Michael Fitzgerald ha fornito la sua valutazione, assai qualificata, sulla ‘primavera araba’, The Arab Spring outside in”.
Il PISAI è dunque un affascinante mondo da scoprire, una ricchissima risorsa, una nicchia eletta di cultura e competenze che Roma accoglie in sé e può offrire al pubblico.
14 giugno 2013