Emanuela Ulivi 

Ci mancava solo la tecnologia. Le donne dell’Arabia Saudita, sottoposte alla tutela di un “guardiano” e che già non possono viaggiare se non col permesso –scritto - del marito o del padre, vengono ora controllate anche elettronicamente nel caso in cui varchino la frontiera. Secondo l’Agence France Press, dalla settimana scorsa le autorita’ dell’immigrazione avrebbero attivato un servizio che avvisa con un SMS i loro mariti –o tutori – nel momento in cui le loro mogli prendono il volo o sbarcano all’aeroporto di Riad. Anche se, come e’ accaduto, viaggiano insieme con loro. La notizia ha fatto il giro del web e le saudite hanno riversato la loro protesta su Twitter dopo che l’attivista Manal al-Sherif, celebre per la campagna lanciata nel 2011 contro il divieto per le donne di guidare l’auto, è stata avvisata proprio da una coppia di sposi.
 
Il nuovo sistema dei messaggi non sarebbe una novità, sottolinea il blog Riyadh Bureau, ma è in funzione  da un paio di anni. Solo che mentre in passato era necessario registrarsi presso il ministero dell’Interno, ora il servizio di notifica via SMS viene fornito d’ufficio. Da aprile scorso il ministero avrebbe infatti attivato un servizio informatico per la concessione del permesso ai “dipendenti”, nel caso le donne, evitando loro l’umiliazione di esibire all’aeroporto la famigerata “ricevuta gialla”, cioè il permesso del loro guardiano, in quanto già presente nel sistema informatico di controllo dei passaporti. Per accedere al servizio, si prova a spiegare sul blog, bisogna registrarsi e per autenticarsi è necessario fornire il numero del proprio telefono cellulare che probabilmente rimane nel data base del ministero, e sottoscrivere la dichiarazione con cui si autorizza una serie di notifiche tramite SMS, tra le quali l’arrivo e la partenza delle donne sotto tutela, cosi’ come dei lavoratori stranieri che entrano o escono dal Paese. Anche in questo modo - si sono infuriate le donne sul web - il governo rafforza il potere di controllo maschile sulle donne. 
 
Le saudite sono le uniche donne al mondo cui è vietato sedersi al volante dell’auto. Una decina di giorni fa, dopo Manal al-Chérif e la militante dei diritti umani Samar Badaoui, Nassima al-Sadah ha presentato in tribunale il terzo ricorso di quest’anno contro il ministero dell’Interno, per annullare un provvedimento amministrativo di divieto di guida. E non è quello il solo ostacolo all’uguaglianza; le interdizioni si estendono anche a molte attività lavorative, col risultato che le donne che lavorano sono solo il 30 per cento. L’anno scorso è stato concesso loro il diritto di voto, limitato alle elezioni municipali, che eserciteranno quindi solo nel 2015. 
 
In Arabia Saudita l’Islam è applicato in maniera rigorosa ed esiste una polizia religiosa incaricata di vigilare sul rispetto della morale islamica. Controlla, nei luoghi pubblici, le donne non velate come si deve e le coppie non sposate, e provvede a che i negozi chiudano all’ora della preghiera. Pur avendo adottato un profilo basso dopo che a capo di questa istituzione è stato nominato  Abdel Latif ben Abdel Aziz Al Cheikh, questa estate un capo pattuglia ha chiesto ad una ragazza di uscire da un centro commerciale perché si era dipinta le unghie: non me ne vado gli ha risposto la giovane, ricordando al suo interlocutore barbuto e in abito lungo, che il ruolo della polizia religiosa è unicamente quello di consigliare le persone. Una reazione non così usuale da parte di una saudita. Postato su You Tube, il video del diverbio ha raccolto 7.000 commenti negativi e 1.500 di appoggio. 
 
Le cifre parlano da sole, ma parlano. Due atlete saudite, Wojdan Ali Seraj Abdulrahim Shahrkhani Sarah Attar, hanno partecipato per la prima volta ai Giochi Olimpici pochi mesi fa a Londra. All’inaugurazione, il 28 luglio, hanno sfilato allo Stadium nella squadra insieme ai loro colleghi maschi. Sorridevano.

24 novembre 2012

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