Giulia Brugnolini 

Il tema sempre più caldo del confronto e della convivenza tra due religioni vicine ma che alcuni ancora vedono contrapposte, quella islamica e quella cristiana, è stato affrontato ieri al convegno dal titolo “Islam e Integrazione nella città” alla New York University La Pietra Policy Dialogues di Firenze, città da sempre teatro di incontro tra culture. Al centro del dibattito il progetto che la comunità islamica sta elaborando, di costruire una moschea nel capoluogo toscano. Professori e ricercatori, personalità religiose e laiche si sono interrogate sull’essenza della libertà di esprimere in pubblico il proprio credo nell’era globalizzata. 

Quella islamica è una comunità che a Firenze attualmente conta circa trentamila fedeli. In borgo Allegri, nello spazio concessole per il culto, la preghiera del venerdì è stata divisa in due turni considerato che i fedeli riuniti nella loro totalità disturberebbero il vicinato mentre questa pratica religiosa ha da sempre rappresentato un momento di tranquillità e raccoglimento. Ma dal 2007 in Toscana la legge regionale sulla partecipazione permette ad associazioni e cittadini di portare all’attenzione dell’autorità locale tematiche di ordine pubblico e quest’anno -per l’appunto questo 30 marzo- come ha spiegato l’imam di Firenze e Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia Izzedin Elzir, in seguito ad una raccolta di firme, si è chiesto di esaminare e proporre linee guida per un progetto importante e controverso come quello della realizzazione di una moschea. Controverso dato che molti fiorentini, tra cui alcuni assessori, interrogati a proposito dell’argomento hanno espresso riluttanza soprattutto nei confronti dei minareti, torri simbolo del culto musulmano, con un espediente di natura architettonica ma in realtà contrari alla “riconoscibilità” della moschea, quello che invece chiedono i fedeli. La moschea va bene, basta che non si veda, insomma, secondo l’impostazione tutta italiana del compromesso. 

Monsignor Timothy Verdon, Presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ha tentato di dar voce alle motivazioni che spingono fiorentini -e italiani in genere- ad obiettare tale sfida culturale. L’identità del fiorentino rimane infatti ancorata a monumenti, quali chiese e monasteri, simbolo del suo glorioso passato e basi dei suoi valori. Ma la paura dell’altro è provocata soprattutto dalla reale fragilità delle proprie tradizioni e pratiche  i cui ultimi baluardi restano i complessi architettonici. Inoltre a differenza di Germania e Inghilterra dove la popolazione ha da sempre fatto i conti con la mescolanza tra identità religiose, i flussi migratori hanno trovato l’Italia impreparata. L’idea della moschea, infatti, secondo il sacerdote e storico dell’arte, dovrà passare di bocca in bocca finché non diventerà irrinunciabile. “Ci vuole tempo, il dialogo deve essere lento e sofferto, cosicché diventi una garanzia di una sempre più piena accettazione tra comunità basata sul rispetto”.

Gli interventi successivi hanno visto protagoniste due voci laiche. In primis, Cristina Giachi assessore per Università, ricerca e politiche giovanili ha affrontato i problemi chiave della questione. “Rappresento anche i fiorentini diffidenti verso la moschea e questa sollecitazione genera responsabilità a chi la propone ma anche a chi la accoglie”. Tuttavia, molti cittadini si dicono preoccupati per l’eventuale presenza di una moschea in centro, quando la comunità non ha mai preteso una simile dislocazione, oltretutto impossibile dal punto di vista logistico. Quindi è necessario, ha spiegato l’assessore, in primo luogo informare l’opinione pubblica allo scopo di evitare il dilagare di pregiudizi infondati. La costruzione della moschea, ha aggiunto, rappresenta una grande occasione per conoscere un’altra identità culturale e non vogliamo che sia “una moschea a Firenze” ma “la moschea di Firenze” che risenta cioè del contesto che la ospita e che rispecchi tutte le anime della città. Si è unita inoltre l’importante testimonianza di Laura Grazzini, responsabile per l’immigrazione all’Arci Firenze, che ha messo in luce una realtà emblematica, quella dei circoli arci, oggi uno spaccato fedele della società multietnica. 

I giovani musulmani praticanti immigrati in Italia si sentono attualmente vittime di stigmatizzazione da parte dei mass media. Questa situazione li porta ad una rivitalizzazione della loro religiosità e li sprona a manifestarla”. E’ il risultato della ricerca sulla violenza politica condotta da Lorenzo Bosi, borsista all’Istituto Universitario Europeo, su ragazzi di Parma e Verona. La loro fiducia nei rappresentanti delle comunità islamiche, ha inoltre evidenziato, li dissuade da forme di partecipazione politica non convenzionale quali manifestazioni per i propri diritti a livello locale, piuttosto scelgono di unirsi a contestazioni per questioni internazionali. È fondamentale quindi, alla luce della ricerca, per il futuro dell’islam italiano valutare anche il ruolo dei mass media e degli interlocutori.

Nella seconda parte della conferenza il professor Rainer Baubock, docente di teoria politico-sociale e il professor Franco Cardini docente di storia medioevale hanno affrontato la tematica dello scontro tra culture in un più ampio contesto di quello italiano. Interessante di quest’ultimo la digressione storica sui rapporti tra cristianesimo ed Islam e sugli elementi che li accomunano, che ha posto le basi per una riflessione sull’attualità. “E’ dal seme dell’ignoranza che nascono diffidenza e odio” ha spiegato. “Se non ci conosciamo reciprocamente, non conosciamo la nostra storia in comune è impensabile costruire un futuro in cui si possa manifestare liberamente il proprio credo.” 

In conclusione, l’idea di una moschea nella città del cupolone può certo ancora far storcere il naso alla maggior parte dell’opinione pubblica. Sarebbe però utile apprendere qualcosa da una comunità come quella islamica, coesa nonostante le scissioni di pensiero al suo interno, dalla fede imperturbabile, per ritrovare il collante della nostra società, quelle tradizioni che esulano dai mattoni di quella chiesa o di quel monastero ma che riscopriamo nella vita di tutti i giorni.

29 maggio 2011

Vai all'inizio della pagina