Margherita Calderoni
MILANO - Con l’affabilità di modi che contraddistingue le persone di classe e un contagioso sorriso, Sheikha Hussah Al Sabah Al Salem Al Sabah concede volentieri il suo tempo per parlare del suo “fiore all’occhiello”: la rinomata e prestigiosa collezione di arte islamica da lei creata con dedizione e passione insieme al consorte Sheihk Nasser, figlio dell’attuale Emiro del Kuwait.
Incontrata per la prima volta nella sede temporanea del DAI, organizzazione culturale da lei diretta, la principessa informa come da allora i 30.000 oggetti della medesima siano diventati ambasciatori dell’Arte Islamica nel mondo, scelti volta a volta in modo opportuno per itineranti mostre internazionali, a onore e gloria della cultura islamica dei secoli d’oro.
Dopo la mostra “Tesori dal Kuwait” allestita nel 1994 in Palazzo Vecchio a Firenze, dove fra l’altro ha sede l’Associazione Italia-Kuwait fondata all’indomani dell’aggressione irachena, Sheikha Hussah è molto soddisfatta che 350 fra i più significativi oggetti della sua collezione tornino in grande stile in Italia, esposti a Milano in Palazzo Reale dal 20 ottobre al 30 gennaio, scelti e “curati” dal Prof. Giovanni Curatola, grande conoscitore dell’Arte Islamica.
Tutto è cominciato dalla visita in Kuwait del sindaco Moratti tre anni fa -spiega- da allora prese forma l’idea di ospitare una mostra a Milano che introducesse l’Islam attraverso i suoi variegati aspetti artistici sotto ogni latitudine: la presentazione di una cultura nei secoli, grazie ad una esposizione non tanto per i suoi specifici studiosi quanto per la gente comune, per informare, illustrare, avvicinare, oltre che far ammirare.
Ecco quindi una vasta selezione di oggetti che spaziano dal VIII AD al XIX AD, provenienti da luoghi e tempi diversi e raggruppati in diversificati settori secondo un itinerario cronologico e uno tematico. Manufatti nei più disparati materiali, dall’avorio al vetro, dalla pergamena alla ceramica, sono i testimoni della complessità e varietà dell’espressione artistica islamica: dal raffinato pezzo di scacchi in cristallo di rocca del X secolo dall’Iraq all’elaborato incensiere bronzeo a forma di felino del XII secolo proveniente dall’Iran, dalla elaborata scatola spagnola dell’XI secolo in avorio intagliato con figure di animali e piante al delizioso piatto floreale turco in ceramica policroma del XVI secolo, al regale bracciale indiano di smeraldi e diamanti del XIX secolo.
Oggetti che parlano di luoghi esotici, ambienti fiabeschi ma anche di vita quotidiana e soprattutto di creatività artistica e tecnica artigiana, nonché colorata fantasia e ispirazione profana, non solo religiosa. Questa si riscontra soprattutto nell’arte calligrafica, mentre nelle sinuose linee geometriche e arabescate, come in quelle figurative, eccelle la mano sofisticata dell’autore, guidata da un elegante gusto decorativo.
Questa mostra, che poi andrà a Vienna, Seul e in Canada, è solo una finestra aperta sulla vastissima collezione Al Sabah- rimarca Abdulkareem Al Ghadbani, direttore delle mostre e dei programmi educativi, da anni stretto collaboratore della Sheikha Hussah- e intende essere un mezzo di comunicazione fra culture diverse, un modo di illustrare alla gente il lato gioioso e luminoso della cultura islamica in un paese dove si cammina nella storia e si respira arte ad ogni angolo. E fra persone di arte ci si intende perché parliamo la stessa lingua- In quanto agli oggetti più preziosi per età o significato, Sheikha HussaH non ha preferenze.
E’ come chiedere a quale figlio vuoi più bene-risponde-ogni oggetto è stato scelto per quanto ha rappresentato nella nostra cultura, di qualsiasi epoca o provenienza. E’ quindi una tessera importante e insostituibile nell’arazzo storico che la collezione ha iniziato negli anni 70, con passione e dedizione personali e con la collaborazione di persone esperte, che ha portato DAI ad arricchirsi anche con attività parallele quali conferenze, seminari, pubblicazioni, ricerche e progetti culturali sulla scena internazionale. Comunque- aggiunge con un sorriso-fra i tanti oggetti recuperati dopo il trafugamento iracheno, mi ha fatto particolarmente piacere il ritorno “a casa” di un ingioiellato pugnale indiano del periodo Moghul, dato per disperso e recuperato tramite Sotheby’s.
Per il resto, questa mostra rappresenta anche un passo importante per future collaborazioni fra organizzazioni culturali, visto che l’Italia ne ha un ricco scrigno e vanta esperti specializzati in conservazione e restauro di capolavori artistici. Soprattutto è un passo di avvicinamento non solo alla cultura islamica ma alla conoscenza del Kuwait, un tempo paese di pescatori di perle, marinai e carovanieri.
Adesso il suo deserto è punteggiato di impianti petroliferi e la sua capitale è una rutilante metropoli di audaci grattacieli e modernissimi centri commerciali, ma sostanzialmente la società ha mantenuto valori tradizionali e stretti legami familiari. Anche arte e cultura sono valori che favoriscono legami di intesa fra popoli diversi e l’Italia gode di grande stima in Kuwait, non solo in campo di moda e design. A tale proposito, la prima studentessa kuwaitiana è appena tornata entusiasta dal primo corso di ceramica organizzato per lei a Castelli, in Abruzzo, da Sartoria Italia, società -vetrina di stile italiano fondata proprio per rafforzare quanto unisce fra culture, per una proficua collaborazione a scambievole beneficio.
La conoscenza porta alla comprensione e questa alla tolleranza -ricorda Sheikha Hussah- questo è uno degli scopi fondamentali della mia organizzazione culturale: niente è più efficace del contatto diretto fra persone come dell’impatto visivo con l’arte. Spero che i visitatori di questa mostra possano sperimentare un autentico e personale dialogo con gli oggetti esposti e scoprire quanto ci accumuna.
26 ottobre 2010