Emanuela Ulivi 

“I cammelli sono i vascelli del deserto” è un detto popolare, che romanticamente rimanda alle lunghe, infuocate traversate, tra le dune o il pietrisco sovrastati di silenzio, della migliore iconografia e del cinema. Mai un cammello assorto nel suo meritato ruminio, sarebbe arrivato ad immaginarsi, invece che in un confortevole caravanserraglio, in un fast-food. 

La sua carriera gastronomica ha avuto lungo corso nei Paesi arabi. La sua carne viene largamente consumata. Tanto evoluta e al passo coi tempi da sospingere il cammello dallo spiedo beduino alla tavola moderna, coronato tra le due fette di pane del “Camel burger” servito da un marchio della ristorazione negli Emirati. E siccome la carne del quadrupede a due gobbe non è tenera come il suo sguardo, pare sia proprio il renderla masticabile il segreto della casa. Malizia per strizzare l’occhio tanto ai turisti che ai residenti, viaggiatori e importatori di quel che necessita e funziona, sommando il moderno all’antico. A gioirne è pure il sistema vascolare e il nuovo salutismo. La carne del “Camel burger” non contiene, secondo quanto sostiene il Local House di Dubai che lo ha firmato, né grasso né colesterolo. Sfidando, in materia, la fama mai del tutto scaricata del primigenio panino del fast food tempestato fin dall’infanzia per i grassi; una bomba – si tuonò - per il fegato e il resto, lanciata sul futuro delle nuove generazioni. Che invece hanno gradito il panino a strati, rivisitato di continuo per alleggerirne l’esplosività.

Solo il cammello, abituato a dare una lunghezza ai potenti fuoristrada sulle piste nel deserto, certo della sua benzina anche se più lento, poteva accettare una sfida non ideologica e a tutto campo col simbolo della frenesia moderna: lo strabuzzante, ingordo e insipiente panino, intercapedine nutritiva in una giornata molto fast rimandando il food. 
Ha aggiunto un’altra pagina al suo album. Compagno dell’uomo nelle impervie migrazioni desertiche come in battaglia, ristorandolo col suo latte e il suo esempio di resistenza nei momenti più duri, prestato il brand ad una marca di sigarette e ad un altrettanto celebre “Trophy”, viene servito nel terzo millennio accompagnato da patatine e ketchup. Una nuova gioventù. Contaminata, globale. Il suo latte ad esempio, si è scoperto essere ricco di vitamine e minerali. Primeggia nei vari travestimenti del cioccolatino, da solo o in amalgama con altre fascinazioni del gusto nei negozi e nei saloni mondiali.    

Passata l’era in cui il buon senso e la necessità lo rendevano virtuoso. In cui l’amicizia con gli umani era saldata da altre congiunzioni stellari. 

Stanco forse della troppa stanzialità, di far da predella agli sfondi dei vacanzieri, pur tra le labbra di un panino, piega di nuovo le sue gambe per far salire in groppa generazioni molto meno inclini alla durezza dell’ambiente circostante. Risponderà alla loro curiosità e li porterà lontano, oltre la loro immaginazione.

7 giugno 2010

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