Emanuela Ulivi 

Pietre e facce, uomini. Pietre che hanno impresse le orme della fede e i riverberi dello spirito. E facce, di pellegrini da tutto il mondo, di cristiani, di ebrei, di musulmani. Nella Gerusalemme dei monoteismi, dallo skyline conteso nei tramonti rosati, stagliato e poi sfumato tra mille il volto di Padre Michele Piccirillo, il francescano archeologo e storico, uomo di pace, alla ricerca delle pietre e delle impronte, delle facce dell’uomo trasmesse dalla storia, in una terra che e’ di tutti e per tutti. Due film–documentario di Luca Archibugi (dei quattro prodotti da Rai Cinema nell’ambito del progetto del presidente Franco Scaglia “Il Viaggio. Itinerari di spiritualità”), proiettati agli inizi di dicembre per la prima volta in Medio Oriente in terra libanese all’Universitè Saint Esprit di Kaslik, testimoniano a poco più di un anno dalla morte l’anima e il lavoro di Padre Michele Piccirillo, la sua ricerca, in una sequenza di trasposizioni dall’arte alla fede, alle fedi, da un volto all’altro di un’umanità che continua a calpestare quelle pietre, a interrogarle e a toccarle come in una possessione definitiva.

Pietre delle quali Padre Piccirillo ha schiuso i messaggi, come in  una rivelazione,  che Archibugi non separa mai dalla fede e dalla devozione. Portandoci sul percorso della Via Crucis fino alla Basilica del Santo Sepolcro, il luogo dei luoghi, consacrato nella morte e resurrezione di Cristo sulle quali si fonda la religione cristiana, al centro della “città dei cristiani”, cosi’ come tra le pietre dei mosaici del monte Nebo ai quali Padre Piccirillo ha ridato la parola. Due itinerari, l’uno “Verso il Santo Sepolcro” e l’altro, “Tessere di pace” tra gli scavi iniziati da Padre Piccirillo nel 1973, collegati tra di loro dal mosaico di Madaba che riproduce non solo la Basilica del Sepolcro ma anche i percorsi del cristianesimo in Medio Oriente.

Desiderava, Padre Piccirillo, raccontare il Santo Sepolcro, le sue pietre, la sua storia e il ricordo prima e dopo la ricostruzione di Costantino, con una premura: lasciare testimonianza di uno studio scientifico come veicolo di fede. Sentimento del quale Archibugi ha fatto la  trama portante della sua narrazione, segnandone le tappe sugli appunti autografi quando Padre Piccirillo non lo ha piu’ affiancato nella realizzazione del documentario. E trasformandolo in emozioni visive quando ad esempio, ha preso le immagini realizzate dall’Universita’ di Firenze ed ha mescolato in una sequenza di dissolvenze le stratificazioni delle architetture colte dal laser scanner, fatte -cosi’ voleva Padre Piccirillo- per valutare il rischio sismico e nello stesso tempo per creare un sistema informativo finalizzato alla manutenzione dell’edificio. In realta’, “per vedere al di la’ di quello che l’occhio vede”, come ricorda, tra i rimbalzi di testimonianze, un francescano vicino a Padre Piccirillo.

La mappa di Madaba e il sorriso di Padre Piccirillo accanto a Papa Giovanni Paolo II, due volti che guardano lontano, sul Monte Nebo, la’ dove il frate archeologo ha iniziato il suo itinerario inframezzato da ansie di guerra e fede nella pace. Come se il tempo fosse solo un passaggio da un momento all’altro, che dopo gli artigiani bizantini vede Padre Piccirillo chino su quei mosaici, su quelle “Tessere di pace” nel Battistero di Mose’, come negli altri siti archeolgici nei quali ha lavorato. E’ il senso di questo lavoro trentennale dedicato alla conservazione del mosaico antico che Archibugi vuole trasmettere, non meno dei messaggi che ci comunicano queste civilta’ del passato, radici della speranza di oggi alla quale Padre Piccirillo ha dato concretezza immediata creando occasioni di amicizia tra cristiani e musulmani, aprendo le scuole di restauro a Madaba come a Gerico. Per dare opportunita’ di lavoro ai giovani arabi, per far parlare i governi di un Medio Oriente senza confini, come e’ accaduto in occasione del centenario della scoperta della carta di Madaba. Per dirci che calpestando quei mosaici, camminiamo sulla continuita’ tra l’epoca bizantina e quella araba e che la convivenza e la pace sono nel dna di questa terra e di questa gente. Una storia tutta da riscrivere dopo di lui, all’indietro e al futuro.

15 dicembre 2009

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