Antonella Quaglia 

Il 22 Novembre 2008 ha avuto luogo a Doha, nel Qatar, l’inaugurazione del MIA, il Museum of Islamic Art, dipendente dal Qatar Museums Authority (QMA). La cerimonia di apertura si è tenuta per un ristretto e selezionato gruppo di personalità, tra i quali capi di stato e di governo (il presidente siriano, l’emiro del Bahrein, il principe ereditario del Kuwait), e presidenti di istituzioni che vantano collezioni di arte islamica come Henri Loyrette del Louvre e Ian Mc Gregor del British Museum, e artisti internazionali come Damien Hirst e Jeff Koons. L’evento inaugurale ha mostrato l’intento dello sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani (distintosi per essere uno dei maggiori acquirenti di arte al mondo), di far affermare la struttura come punto di riferimento per l’arte internazionale e far divenire il piccolo stato arabo il centro culturale del Medio Oriente. Tale dichiarazione di intenti è esplicitata con chiarezza nella vision presente sul sito ufficiale del museo: “Il Museo di Arte Islamica, Qatar, è un museo per il mondo. Esso porterà il mondo a Doha, ma connetterà anche Doha al mondo. Esso aspira ad essere il principale museo di Arte Islamica nel mondo, oltre che centro di educazione ed informazione nel campo delle arti islamiche”.

Il Mia è costruito su un’isola artificiale a sessanta metri dalla passeggiata che si affaccia sul mare; è un complesso di 41 mila mq, composto di blocchi quadrati e ottagonali in pietra bianca sovrapposti l’uno all’altro e organizzati in una progressione geometrica culminante in una torre centrale. Il risultato è un capolavoro di astrazione e purezza che nulla ha da invidiare ai grandi musei internazionali a cui lo sceicco Al Thani aspirava. Il progetto è stato affidato all’architetto cinese Ieoh Ming Pei, già autore della celebre piramide di vetro del Louvre. L’architetto ha deciso di donare un’aura mistica e spirituale alla sua creazione, ispirandosi alle linee essenziali della moschea di Ilb Tullum del Cairo, studiata e apprezzata dal novantunenne Pei in uno dei suoi lunghi viaggi, intrapresi col fine di comprendere la storia dell’architettura e della spiritualità islamica. Gli interni sono stati invece disegnati dall’architetto francese Jean-Michel Willmotte, che ha reso la perfezione e la ricercatezza dell’arte islamica attraverso pareti intarsiate di inserti di porfido e legno e una illuminazione studiata nei minimi dettagli. Il museo vanta una direzione prestigiosa, quella dell’inglese Oliver Watson, proveniente dal Victoria and Albert Museum di Londra, e ospita una collezione permanente di ottocento reperti artistici e storici quali miniature, ceramiche antiche, piastrelle turche, quadri di epoca khadjar, tappeti persiani, velluti ottomani con filature d’oro, strumenti di astronomia d’oro, meridiane di legno, gioielli con rubini e smeraldi. Tale collezione illustra la cultura islamica dal VII al XIX secolo, un viaggio nel tempo e nello spazio partendo dall’ Egitto, passando per il Medio Oriente per approdare infine in India. Alle opere in permanenza si affiancherà, fino al 22 febbraio 2009, la mostra temporanea «Beyond Boundaries. Islamic Art across Cultures».

19 dicembre 2008

Vai all'inizio della pagina